Il jihadista stanco dell'inferno dell'Isis:
"L'Fbi mi aiuti a scappare dalla Siria"

Il jihadista stanco dell'inferno dell'Isis: "L'Fbi mi aiuti a scappare"
«Sono un americano che sta cercando di tornare a casa dalla Siria, sono stanco di quest'inferno». È iniziata così, nell'ottobre del 2014, la strana storia di Mohimanul Alam Bhuiya, studente di un'università dell'Ivy League finito tra le fila dello Stato Islamico, ed poi riuscito a scappare da quell'inferno, preferendogli una cella di una prigione americana dove sta aspettando una possibile condanna a 25 anni.

«Voglio solo tornare a casa, tutto quello che voglio essere messo in salvo, essere scagionato e tornare alla mia famiglia e alla mia vita», scriveva, sperando allora in un colpo di spugna, il giovane che invece nel novembre del 2014 - dopo essere riuscito a tornare negli Stati Uniti mentre l'Fbi stava ancora cercando di verificare l'autenticità della mail - si è dichiarato colpevole di sostegno alla Stato Islamico e partecipazione al suo addestramento militare.

Questo è avvenuto in un'udienza a porte chiuse del tribunale federale di Brooklyn e anche il nome del ragazzo nelle carte processuali è stato segretato, scrive il Washington Post che però è riuscito a confermare con le sue fonti l'identità di Bhuiya che starebbe collaborando con i procuratori federali che stanno quindi proteggendo la sicurezza sua e della sua famiglia.

Il giornale americano è riuscito a ricostruire la storia del giovane che diverge da quella della maggioranza dei cittadini americani finora incriminati per legami con l'Is: iscritto ad un'università prestigiosa come la Columbia di New York, Bhuiya aveva davanti a sé un futuro brillante prima di essere attratto dalla propaganda dell'Is. Lasciata l'università nel maggio del 2013, dopo aver frequentato per appena un semestre, il giovane attira l'attenzione dell'Fbi nel giugno del 2014 quando agenti anti-terrorismo vennero a sapere che stava cercando di recarsi in Siria. Lo vanno anche ad interrogare nella sua casa a Brooklyn e il ragazzo candidamente ammette che sostiene i «gruppi ribelli» in Siria, ma che non ha i soldi per andare in Siria e che del resto «non saprebbe cosa fare una volta arrivato lì».

Invece pochi giorni dopo vola a Istanbul e poi da lì entra in Siria dove da subito mostra poco interesse per i combattimenti, implorando lo stato islamico di «non mandarmi al fronte perché posso essere utile in altri modi», come lui stesso ha dichiarato in un'intervista data alla Nbc con il volto coperto e senza rilasciare il nome. «Mi sembrava così che potessi salvare la pelle», ha ammesso ancora nell'intervista Bhuiya, raccontato come ci volle poco a capire che il Califfato non era la terra promessa dalla propaganda on line, ma una «distopia»: «potevo vedere la follia nei loro occhi».

Nella mail in cui chiedeva all'Fbi di aiutarlo spiegava che lo Stato Islamico gli aveva sequestrato il passaporto.
Secondo le carte processuali, Bhuiya riuscì ad attraversare il confine della Turchia e contattare un ufficio consolare americano ad Adana, confessando di essersi unito allo Stato Islamico, di essere stato armato ma di non aver mai partecipato ad un combattimento. 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Giugno 2016, 14:51
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