Amos Gitai racconta l'uccisione di Rabin:
"Con lui morirono pace e libertà in Medio Oriente"

Amos Gitai racconta l'uccisione di Rabin: "Con lui morirono pace e libertà in Medio Oriente"

di Valeria Arnaldi
ROMA - «L’assassinio di Rabin ha decapitato le speranze in Medio Oriente e ha portato a ciò cui assistiamo oggi». Non si tira indietro quando bisogna parlare di impegno civile il regista Amos Gitai, ieri, a Roma per la presentazione della sua mostra “Chronicle of an Assassination Foretold” - al Maxxi fino al 5 giugno - installazione dal film che ha dedicato al primo ministro israeliano e premio Nobel per la Pace Yitzhak Rabin, assassinato il 4 novembre 1995 a Tel Aviv. 

Come è nata l’idea di questo lavoro? 
«Circa due/tre anni fa, io e alcuni amici, che avevano già preso parte ad alcuni miei lavori, ci siamo chiesti cosa vedessimo intorno a noi. Abbiamo visto che in Israele imperava il razzismo, si cercava di reprimere la libertà di stampa, si chiudevano i teatri. L’unico a contrapporsi a tale sistema era Rabin».

E così è nata l’idea del film prima e poi della mostra.
«Mi interessa vedere come gli artisti reagiscono alle contingenze storiche difficili. Penso ad Israele, ma anche alla questione migratoria che state affrontando in Europa». 

Realtà diverse e distanti, accomunate dalla “crisi” che portano con sé?
«Non so se si possano paragonare in modo simmetrico. In Europa non c’è un conflitto territoriale, come in Israele, ma una crisi umanitaria. Sono conflitti di natura diversa. Noi artisti non abbiamo risposte per tutto, se fosse così i politici sarebbero disoccupati, ma dobbiamo guardarci intorno. Agli artisti dico: siate cittadini attivi». 

In quest’ottica, l’impegno per ricordare Rabin.
«Avendo origini israeliane, ho deciso di lavorare per la memoria. Mi sono rivolto al presidente della Corte Suprema che all’epoca presiedeva la commissione per le indagini. Gli ho detto: Non avete fatto un buon lavoro, non avete prestato attenzione ai movimenti. Mi ha domandato cosa si potesse fare ora. Gli ho chiesto di aprire i protocolli del caso per poterci lavorare. Ho avuto accesso all’Archivio di Gerusalemme, è stato fondamentale. Importantissime pure le immagini degli archivi della tv nazionale».

Da quello studio condotto come un’indagine, la nuova trilogia.
«Ho firmato diverse trilogie nella mia vita, questa è verticale. C’è il film Rabin, the last days, c’è la mostra al Maxxi e ci sarà poi un testo che porterò in scena a teatro ad Avignone».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 11 Marzo 2016, 09:01
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