Santo Versace ripercorre ricordi d'infanzia, di vita e carriera. Dalla morte del fratello Gianni, quando fu consolato da Lady Diana, alla nascita della sorella Donatella. Dagli anni delle supermodelle, Naomi Campbell in testa, al rapporto con gli altri stilisti, come Giorgio Armani.
L'infanzia
In un'intervista al Corriere della Sera, Santo Versace parte dall'inizio nel ripercorrere la sua lunga carriera. Il suo primo ricordo è legato al lavoro con suo padre a soli sei anni, quando quest'ultimo lo invitò a entrare nel negozio di famiglia come regalo di compleanno. «Imparai le tabelline del 36, perché il carbone costava 36 lire al chilo: 36-72-108-144-180-216-252-288-324. Poi impalavo e spalavo, copiavo i grandi. Così sono cresciuto di sana e robusta costituzione!». Tra i ricordi dell'infanzia, Santo menziona la morte di sua sorella Tinuccia quando aveva quasi 9 anni, un evento che ha lasciato un'impronta indelebile. Parlando di Donatella, sua sorella, Santo ricorda che la sua nascita è stata un dono che ha riempito un vuoto nella famiglia.
L'azienda
L'orgoglio di Santo è evidente quando parla dell'azienda Versace, che ha creato e difeso a livello mondiale dopo la morte di Gianni. «Dissi a Gianni che avremmo fatto meglio di Yves Saint Laurent. Carlo Tivioli, il suo compagno di allora, replicò che ero un pazzo». Invece aprì 120 boutique in tutto il mondo. «Il primo giro del mondo lo feci per l’apertura a Sydney, nel 1982. Il 4 gennaio da Milano andai a Fiumicino, poi ad Atene, Calcutta, Bangkok, e il 6 arrivai in Australia. Dopo volai a Melbourne, di nuovo a Sydney e da lì tornai indietro: una notte a Los Angeles, una a San Francisco, una a New York, una sull’Oceano Atlantico, una giornata a Parigi e il 16 ero a Milano».
Gli anni d'oro: top e stilisti
Ripercorrendo gli anni d'oro, impossibile non citare le super top «costosissime», da Noami Campbell a Cindy Crawford: «Costavano 15 mila dollari a sfilata.
La morte di Gianni
La morte di Gianni è un dolore che Santo sente profondamente, e ricorda il momento in cui toccò la testa del fratello per riconoscerne il corpo quel 15 luglio 1997: «Non riuscivo a credere che fosse morto. È toccato a me il riconoscimento all’ospedale, non ci volevano far entrare. Poi, quando ho toccato la testa di Gianni, ho ritratto la mano piena di sangue: lì ho capito che non c’era più. Ho spinto io la bara dentro il forno crematorio: mi restituirono un sacchetto di cenere così piccolo». A consolarlo, durante i funerali, Lady Diana: «Lei che mi tiene la mano per mezz’ora in via del Gesù per consolarmi, il giorno della cerimonia funebre in Duomo». Il rammarico più grande, dopo la morte di Gianni? La mancata fusione con Gucci: «È la cosa che mi ha addolorato di più, dopo la morte di Gianni. Eravamo pronti. Sarebbe nato un gruppo fantastico, avremmo avuto il tempo e la forza di farlo crescere: con lui ci sarebbero stati Tom Ford e Domenico De Sole. Era un punto di partenza, non di arrivo».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Gennaio 2024, 10:55
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