Quelle macerie, le urla e il dolore che lacera per sempre. Quel maledetto 27 novembre 2001, in via Ventotene, Antonio Spagnoli non lo dimenticherà mai. «Sono un superstite. Avevo 33 anni e facevo parte della squadra distaccamento 6/A Nomentano e solo per caso quel giorno non ero in servizio».
Si è precipitato a portare aiuto, cosa si è trovato davanti?
«Una scena di guerra. Sono accorsi i vigili del fuoco da tutta Roma: ho sentito uno spirito di appartenenza incredibile. Tre di noi non c’erano più e poco dopo ne avremmo perso un altro, deceduto in ospedale».
Tutta la squadra?
«Si, è come aver perso 4 fratelli: quando mangi e dormi insieme a qualcuno, quando ti butti letteralmente nel fuoco con qualcuno, vai ben oltre il concetto di collega».
Come si affronta una perdita simile?
«Abbiamo avuto un supporto psicologico: non era mai accaduto prima per i pompieri».
Via Ventotene è stata definita la “Ground zero” di Roma.
«Erano passati due mesi dall’11 settembre.
Le capita di rivivere quei momenti?
«I primi tempi sì, avevo gli incubi. Ora i ricordi mi arrivano come flash ad occhi aperti».
Le è rimasta la paura?
«La paura ti aiuta a non essere incosciente, ti salva la vita. Dopo quell’esplosione però fu diverso. La prima volta che siamo tornati su una fuga di gas ci siamo guardati negli occhi, poi siamo entrati: quello che ci è passato per la testa lo sappiamo solo noi».
Siete tornati subito in servizio?
«Un mese dopo, a Natale. Un gesto simbolico: avevamo bisogno di sentirci una famiglia».
Torna mai in via Ventotene?
«Sì, mi fermo lì e penso a chi non c’è più. Non ho mai smesso di farlo».
Ultimo aggiornamento: Sabato 27 Novembre 2021, 12:08
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