Tenta di impiccarsi in carcere, detenuto di Civitavecchia salvato: «Aveva al collo un lenzuolo tagliato ed era quasi morto»

Protagonista un detenuto straniero recluso a Civitavecchia

Tenta di impiccarsi in carcere, detenuto di Civitavecchia salvato: «Aveva al collo un lenzuolo tagliato ed era quasi morto»

di Redazione web

«Aveva al collo un lenzuolo tagliato ed era quasi morto, solamente grazie al pronto intervento della sorveglianza generale gli è stata salvata la vita». Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria ha raccontato all'Adnkronos quanto accaduto nella notte nel carcere di Civitavecchia. Protagonista un detenuto tunisino è stato salvato in extremis da un tentativo di impiccamento nel Reparto Nuovi Giunti.

Tentato suicidio

«L’uomo  - spiega Somma - si era chiuso nel bagno della cella, ma l’Agente di turno, facendo il giro di controllo e non avendolo visto nel letto, allarmato perché non rispondeva ai suoi richiami, ha subito dato l'allarme. Entrati in cella, i poliziotti penitenziari hanno scorto il detenuto che aveva al collo un lenzuolo tagliato ed era quasi morto: solamente grazie al pronto intervento della sorveglianza generale e del poco personale in servizio - di notte la maggior parte delle sezioni sono accorpate e gli agenti sono costretti a fare due/tre posti di servizio - si è riusciti a salvargli la vita. Dopo tale gesto, il detenuto è stato sottoposto alle cure mediche dell'infermeria e messo a sorveglianza a vista».

Il Sappe esprime «un vivo appezzamento al prezioso operato degli agenti della Casa Circondariale di Civitavecchia, grazie ai quali è stata impedita una nuova tragica morte in carcere.

Ma torniamo a denunciare ancora una volta la mancanza di operatori sanitari, psicologici e psichiatrici e ribadiamo la necessità di concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare alle carceri laziali».

Per il segretario generale del Sappe, Donato Capece, «questa è la Polizia Penitenziaria, pronta ad agire con gli altri operatori e con gli stessi detenuti per tutelare la vita dei ristretti. Il dato oggettivo è che la scelta di togliersi la vita è sicuramente originata da uno stato psicologico di disagio. È un dato oggettivo che chi è finito nelle maglie della devianza spesse volte è portatore di problematiche personali sociali e familiari», conclude il sindacalista, che rileva infine come «l’ennesimo tentato suicidio di una persona detenuta, sventato in tempo dalla professionalità ed attenzione dei poliziotti, dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 23mila tentati suicidi ed impedito che quasi 175mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze»


Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Aprile 2024, 21:12
© RIPRODUZIONE RISERVATA