Jusqu’ici tout va bien: prima mostra italiana per Renaud Auguste-Dormeuil al Macro

Jusqu’ici tout va bien: prima mostra italiana per Renaud Auguste-Dormeuil al Macro

di Valeria Arnaldi
ROMA - Un rituale per lavare via timori e ansie. Le mappe dei cieli stellati di più città nel mondo, rappresentate la notte prima di micidiali attacchi aerei. Poi, la sicurezza, di fatto però sospesa nell’ascesa di un drone, dell’affermazione “Jusqu’ici tout va bien”, fin qui va tutto bene, che aleggia sulla testa dei visitatori a farli riflettere sull’attimo che passa, anzi vola via.

È il tempo, nelle sue tante accezioni e, soprattutto, misurazioni, il protagonista della mostra “Jusqu’ici tout va bien”, prima personale italiana dell’artista Renaud Auguste-Dormeuil, a cura di Raffaele Gavarro, ospitata a Roma, al Macro Testaccio fino al 26 novembre.


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A segnare il percorso proprio l’opera mobile Spin.off, composta dalla frase luminosa da cui prende il titolo l’esposizione, nel tentativo di sottolineare la percezione del tempo, fuggevole, fragile, perfino assillante nel timore dell’opportunità perduta. Il lavoro “volerà” poi in altre mostre e altre città, cambiando ogni volta il suo messaggio.
«A Roma, forte di secoli di storia - spiega l’artista - ho scelto un modo di dire che sintetizza la filosofia odierna dell’andare avanti giorno per giorno».

L’iter prende le mosse dal rituale, idealmente iniziatico, di When the Paper, in cui si chiede ai visitatori di scrivere su un foglio di carta una loro intima preoccupazione e poi immergerlo in acqua, fino a farlo sciogliere, cancellando così la preoccupazione stessa, come dice la tradizione giapponese ripresa dall’installazione, per il potere evocativo della parola.

Tutto si consuma nell’attimo. È questo il primo messaggio dell’artista. Non c’è certezza nel futuro, né rassicurazione nel passato. E il presente è un sospiro, impossibile da trattenere. Così, nella serie The day before, composta da dodici cieli stellati di altrettante notti prima di un evento catastrofico che ha segnato la storia, anche internazionale, da Nagasaki all’11 settembre, racconta la “serenità” dell’assoluta mancanza di segni. Di più, la solidità, che poi si rivelerà falsa, della pace.

«Molti mi chiedono se si possa vedere nel cielo qualche indizio della tragedia imminente - racconta - chiaramente non è possibile. Altri credono si tratti di foto, ma non è così, io non ero lì. Ciò che conta, però, è ciò che la gente crede. Accade nella fede, nell’arte, nel cinema». E il cinema viene citato con il video Quiet as the grave, manipolazione del film Vertigo, qui privato di dialoghi. Non manca la storia, ripensata sui giornali, tra figure e ritagli.

Ad arricchire il progetto, giovedì, sarà la performance I will keep a light burning che si terrà allo stadio delle Terme di Caracalla: 1000 candele accese formeranno la mappa del cielo su Roma il 19 ottobre 2117.

«Nei secoli, l’arte ha rappresentato la natura - conclude - io sono ambizioso, tra cento anni la natura rappresenterà, per una notte, l’arte». 
Ultimo aggiornamento: Domenica 15 Ottobre 2017, 22:46
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