Fabio Troiano ospite a Leggo per parlare del nuovo spettacolo, Lampedusa, un dramma grottesco dedicato agli italiani e ai migranti

Fabio Troiano ospite a Leggo per parlare del nuovo spettacolo, Lampedusa, un dramma grottesco dedicato agli italiani e ai migranti

di Alvaro Moretti
Era ora: da un paio d’anni ci davamo appuntamento a Leggo con Fabio Troiano. Un film, una fiction tv, un caffè: niente. Poi arriva Lampedusa, lo spettacolo (il dramma) di Anders Lustgarten, inglese, che è in scena fino al 18 febbraio. Due monologhi sul dramma dei migranti, dei pescatori di migranti morti in mare, di migranti che non lo sono più ma che l’Italia non riconosce come nuovo cittadino. E allora in scena con Donatella Finocchiaro, Fabio è quel pescatore di anime perse nel sogno di una fuga dalla fame.
«Sono Stefano, un pescatore siciliano, con accento siciliano che parla all’Europa. E gli ricorda che io-Stefano, una volta pescavo i pesci del Mediterraneo e ogggi, per via dei trattati e per la legge del mare, devo pescare cadaveri. Di giovani, per lo più, di donne e bambini anche. E faccio diventare quello la mia attività».

Un dramma in cui arrivano anche momenti in cui i due monologhi sfociano in un sorriso.
«Vero, ma quel sorriso grottesco quando recitavamo in Sicilia non arrivava. La questione dei migranti, ne sono convinto, viene ipertrofizzata dalla campagna politica che si fa sulle spalle delle vere vittime: chi affronta i viaggi della speranza e chi deve gestirli nell’immediato. Per i siciliani questo è sale su una ferita. Stefano il pescatore deve cambiare vita, a causa del patto di Dublino. Quando sento le tesi dei politici e degli aizzatori: le storie sui 35 euro al giorno dati ai migranti penso che siano pericolose chiacchiere da bar. Se dici “aiutiamoli a casa loro” non pensi al fatto che quelli per questi viaggi rischiano la vita».

Lei recita in siciliano.
«Ecco, in Sicilia nessuno ha avuto da obiettare. Mi piacciono i dialetti: sono torinese di famiglia e tifo napoletano. Ho tenuto botta al cinema a Checco Zalone e Dino Abbrescia».

Com’è Checco sul set?
«Uno di noi: mai ti fa sentire che tipo di star sia per il cinema italiano. L’unico, dopo Totò, che può permettersi di mettere il suo nome sul titolo del film per spingerlo. Io lo venero».

Dopo Lampedusa?
«Il cinema, da produttore: a marzo cominciamo un film sul bullismo. Protagonista la webstar Marco Morrone, il ragazzino calabrese del tormentone Saluta Andonio. Regia di Francesco Mandelli dei Soliti Idioti, un ciclone di idee».

Ancora attualità.
«Vero: anche quando ho interpretato un padre gay per le serie tv erano i giorni della legge sulle unioni civili». `riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Domenica 11 Febbraio 2018, 14:06
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