«Salvate la sanità pubblica»
Appello di scienziati e Nobel

«I fondi vanno adeguati a quelli dei Paesi Ue». Parisi tra i firmatari

«Salvate la sanità pubblica» Appello di scienziati e Nobel

di Lorena Loiacono

Sanità in codice rosso, da Nobel e scienziati parte l’appello per salvare il servizio sanitario nazionale: «Più finanziamenti come negli altri Paesi Ue e attenzione alle disuguaglianze regionali». Il documento, firmato da 14 scienziati tra cui il Nobel per la fisica Giorgio Parisi, il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli e l'immunologo Alberto Mantovani, chiede un piano straordinario di finanziamenti dedicati e una maggiore valorizzazione del personale. Il motivo? Arginare la crisi della sanità.

Dati alla mano, gli scienziati spiegano che «il sistema sanitario nazionale dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 ha contribuito a produrre in Italia il più marcato incremento dell’aspettativa di vita, da 73,8 a 83,6 anni, tra i Paesi ad alto reddito». Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi come si vede dalla «difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura e dall’aumento delle diseguaglianze regionali e sociali».

I firmatari del documento mettono in primo piano, tra le cause, il forte sottofinanziamento della sanità pubblica a cui «nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil, meno di vent’anni fa».

Il ruolo della sanità italiana, quindi, torna indietro di due decenni. La lettera entra nel dettaglio vantando, tra le firme, anche esperti di economia e politica sanitaria come Francesco Longo dell'Università Bocconi e l'ex direttrice generale del Ministero della Sanità Nerina Dirindin, oltre a Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Silvio Garattini, Lucio Luzzatto, Carlo Patrono, Francesco Perrone e Paolo Vineis. «La vera emergenza - spiegano - è adeguare il finanziamento del Ssn agli standard dei Paesi europei avanzati pari all'8% del Pil».

Gli scienziati rifiutano il sistema sul modello Usa, dove prevale il privato, perché “è molto più oneroso, oltre il triplo, e ha un’aspettativa di vita inferiore di 6 anni. Tra gli interventi necessari servirebbero «specifiche risorse da destinare alla rimozione degli squilibri territoriali che l’autonomia differenziata rischia di ampliare». Bisognerebbe poi «intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria».

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Aprile 2024, 06:00
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