"Addio carriera se fai ricorso". Philip, il ricercatore che incastra i baroni, diventa eroe social

"Addio carriera se fai ricorso". Philip, il ricercatore che incastra i baroni, diventa eroe social
FIRENZE - Philip Laroma Jezzi è un ricercatore tributarista che è diventato per i giovani e gli utenti dei social un eroe e un simbolo. Con un registrazione al cellulare è stato capace di incastrare i cosiddetti "baroni" dell'Università e a far partire l'inchiesta sui concorsi truccati. Tutto è partito dalla denuncia sui meccanismi alla base della spartizione di cattedre universitarie.

"Non è che non sei idoneo, ma non rientri nel patto, non sei in lista, ritirati", gli era stato detto in un colloquio. Lui però non l'ha mai fatto, anzi, ha registrato quelle conversazioni con Pasquale Russo e Guglielmo Fransoni, che sono servite poi come prova nelle indagini che hanno portato a scoprire il patto illecito tra due studi tributari di Firenze e che coinvolgeva 59 docenti di vari atenei italiani. A Philip, che aveva i maggiori titoli nella graduatoria del concorso, venne detto di lasciar perdere dai dominus degli studi Russo e Cordeiro Guerra di Firenze, "così mantieni integra la possibilità di farlo in un secondo momento, e quindi poter ripresentarla alla tornata successiva".
 

Alle rimostranze del ricercatore, che oggi nonostante la bocciatura è professore aggregato all'università di Firenze, dopo un ricorso al Tar il professor Russo spiegava: "Non siamo sul piano del merito, Philip, ognuno ha portato i suoi. Si tratta di vile commercio dei posti". "Smetti di fare l'inglese, fai l'italiano".



L'INCHIESTA  La denuncia ha portato all'arresto di sette prof universitari, mentre 22 sono stati sospesi per un anno con un totale di 59 indagati. L'inchiesta della procura di Firenze è deflagrata con l'esecuzione delle misure cautelari e di una mole di perquisizioni, circa 150, lungo la Penisola. La procura attendeva da quasi un anno il via libera del gip. E dal Governo ha detto la ministra Valeria Fedeli: "Voglio andare fino in fondo", aggiungendo che presto arriverà un codice di comportamento sull'università sul quale il Miur sta lavorando con l'Anac. Le accuse sono, a vario titolo, di corruzione, induzione indebita e turbativa del procedimento amministrativo. Non contava il merito, né i titoli, ma l'appartenenza 'giusta' per venire abilitati. Il gip Angelo Antonio Pezzuti ha riconosciuto fondate le accuse della procura di Firenze secondo cui accordi corruttivi influenzavano le valutazioni dei candidati da parte dei membri delle commissioni giudicatrici nominate dal Ministero dell'Università (Miur). Accordi, sempre secondo l'accusa, frutto di precedenti patti raggiunti da emeriti tributaristi che così 'piazzavanò propri allievi o "protetti". L'inchiesta ha sciolto fili intrecciati nei rapporti di affermati prof coi membri della commissione. Ora agli arresti domiciliari ci sono Fabrizio Amatucci, docente della Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia). Ma tra gli indagati figurano l'ex ministro Augusto Fantozzi, Roberto Cordeiro Guerra, Pasquale Russo, perfino il professor Victor Uckmar, nel frattempo deceduto. Molti degli indagati hanno manifestato la propria estraneità, in alcuni casi affermando di aver agito in buona fede. Per cinque indagati il gip si riserva di decidere la misura cautelare in attesa dell'interrogatorio.



L'INTERCETTAZIONE "Laroma come intelligenza e come laboriosità vale il doppio di tutti quelli che hanno fatto il concorso l'altra volta e vale il doppio di tutti gli aspiranti associati che oggi partecipano a questa tornata, non c'è dubbio": così, in una conversazione intercettata il 4 aprile 2015 nell'inchiesta di Firenze sui concorsi truccati, il professor Pasquale Russo, tra gli indagati, parlando a un membro della commissione giudicatrice del Miur, professor Adriano Di Pietro (università di Bologna), arrestato dalla GdF.

EX DOCENTE: "MAI FATTO SCAMBI" È durato circa mezz'ora l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Angelo Pezzuti del professor Adriano Di Pietro, uno dei sette docenti da ieri agli arresti domiciliari per l'inchiesta sui concorsi truccati. È stato il primo degli interrogatori che proseguiranno nei prossimi giorni. «Il professore Di Pietro ha reso una dichiarazione spontanea - ha detto l'avvocato Giovanni Flora che, insieme all'avvocato Luigi Stortoni di Bologna, difende l'ex docente della facoltà emiliana - annunciando una successiva memoria sui fatti e in diritto.
Il professore ha ribadito di aver sempre agito nell'esclusivo interesse della scienza e di non aver mai fatto scambi per garantire il posto a qualcuno». I difensori, appena terminato l'interrogatorio al quale era presente anche il pm Paolo Barlucchi, hanno chiesto la revoca della misura cautelare facendo presente al gip che «il professor Di Pietro è ormai in pensione da diversi anni e che quindi non partecipa più ad alcuna commissione: Inoltre, anche a causa dell'immagine negativa creata da quanto detto tra ieri e oggi, il professor Di Pietro non è più in grado di agire», ha spiegato Flora. Il giudice si è riservato la decisione dopo avrà avuto un parere scritto anche dal pm.

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Settembre 2017, 08:47
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