Noemi uccisa a 16 anni, i testimoni inchiodano il fidanzatino killer: "La inseguiva dicendo: l'ammazzo"

Noemi, inchiodato il fidanzatino killer: "La inseguiva dicendo: l'ammazzo"

di Erasmo Marinazzo
Tre diverse storie sulle ultime ore trascorse con la fidanzata. E questa mattina L.M. ne parlerà ancora nell'istituto per minori di Monterone. Ne parlerà nell'interrogatorio di convalida del fermo. Certo è che il movente fornito dal fidanzato omicida, reoconfesso, di Noemi Durini, scomparsa dalla sua casa di Specchia il 3 settembre e fatta ritrovare dall'indagato verso le 11.30 di mercoledì nelle campagne fra Castrignano del Capo e Santa Maria di Leuca, non è considerato credibile. «Priva, allo stato, di riscontro sul piano investigativo, appare la tesi del complotto ordito da Noemi Durini per la uccisione della famiglia di L.M.», precisa il decreto di fermo. Sono riportata, fra le altre, le testimonianze di due amici del fidanzato: «Se mi lasci ti ammazzo», avrebbe urlato durante un litigio avvenuto a giugno. E l'altro amico ha riferito che L.M. la sera del 2 settembre, a poche ore dalla scomparsa della ragazza, urlò fra i pianti davanti ad un bar di Montesardo che si sarebbe ammazzato o avrebbe ucciso Noemi. Apostrofandola con una appellativo di donna da marciapiede.

Il fidanzato L.M., 17 anni, di Montesardo (frazione di Alessano), ha sostenuto di averla ammazzata per salvare la vita ai suoi genitori. Ha raccontato che la ragazza lo avrebbe minacciato con un coltello da cucina per farsi accompagnare da loro con l'intenzione di farli fuori. Un piano diabolico ordito per l'avversione dimostrata - ha detto L.M. nel corso dell'interrogatorio di mercoledì sera - in particolare dal padre, alla loro relazione. A dare peso a questa ricostruzione, anche la scoperta che Noemi - ha aggiunto l'indagato - stesse mettendo da parte dei soldi per comprare una pistola da un uomo del Capo di Leuca.
 
 

Parole che non hanno trovato riscontri, ha sottolineato il pubblico ministero della Procura per i minorenni, Anna Carbonara, nel decreto di fermo. E piuttosto gli ha contestato la premeditazione, oltre che i futili motivi e la crudeltà, nella contestazione di omicidio volontario. Premeditato, dunque: non una reazione istintiva e necessaria per impedire alla ragazza di uccidere i suoi, ma un'azione elaborata nel tempo.

A fare vacillare il movente di L.M., anche il primo riscontro medico legale arrivato nella giornata di ieri: se l'indagato ha sostenuto di avere ucciso Noemi con un colpo alla gola del coltello, la Tac eseguita ieri in ospedale non ha evidenziato la presenza della lama. In nessuna parte del corpo.

Il manico? L'indagato dice di averlo sotterrato in campagna, ma non ricorda più il punto esatto. Manca, insomma, l'oggetto su cui gli investigatori potrebbero cercare l'eventuale presenza di impronte digitali della ragazza. L'oggetto che potrebbe confermare o smentire le parole dell'accusato.

E senza riscontri è rimasta la denuncia per stalking presentata contro Noemi dai familiari di L.M.: «Elementi entrambi che potrebbero in astratto fondare la valutazione della sussistenza di una causa di non punibilità o la sussistenza di scriminanti». Come se, insomma, L.M. avesse approntato una strategia difensiva per evitare di affrontare il processo con l'accusa di omicidio premeditato.
 

È stato dato invece peso alla ricostruzione della relazione fra i due ragazzi, fornita dalle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo e della Compagnia di Tricase: in primis i racconti dei due amici sulle intenzioni di L.M., dichiarate in preda alla rabbia, di voler uccidere Noemi. E poi il racconto dell'amica del cuore della ragazza: il 28 agosto bussò alle otto di sera a casa sua. Scappava. Inseguita dal padre del fidanzato: li aveva scoperti mentre si trovavano insieme.

Dunque, il giovane indagato è inattendibile, sostiene la Procura per i minorenni. La spiegazione al suo comportamento va ricercata altrove, dice l'accusa: nel rapporto burrascoso e violento con il padre.

«Condotta violenta, crudele e premeditata tenuta da L.M. alle prime ore del 3 settembre», riporta il decreto di fermo. «Atteso il chiaro contenuto delle dichiarazioni sul punto rese dall'indagato, anche in ordine alla sequenza temporale degli eventi: dal ferimento mortale sino al compimento di atti finalizzati a distruggere, sopprimere e sotterrare il corpo, che veniva coperto con un cumulo di pietre».
Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Settembre 2017, 12:18
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