Omicidio Noemi, "il fidanzato ha agito con premeditazione e crudeltà"

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Un omicidio premeditato, aggravato dalla crudeltà dai futili motivi. È quanto contesta la procura dei minorenni di Lecce a Lucio, il fidanzato di Noemi Durini, reo confesso dell'omicidio della ragazzina sedicenne di Specchia, nel decreto di fermo emesso nei suoi confronti. Non sarebbe stato, dunque, un omicidio d'impeto, come sostenuto dal ragazzo, ma un atto pianificato e studiato. Lucio, si legge nel decreto di fermo che è stato in parte anticipato da alcuni quotidiani, «cagionava la morte di Noemi prelevandola alle 4.51 dalla sua abitazione con la Fiat 500 di proprietà della sua famiglia e conducendola in aperta campagna colpendola con l'uso di corpi contundenti; con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione, per motivi abietti o futili e di aver agito con crudeltà».



Nel decreto di fermo i pm ricostruiscono quello che accadde il 3 settembre, giorno della scomparsa di Noemi. Una ricostruzione che è stata fornita dalla stesso Lucio durante la sua confessione arrivata in seguito ad un episodio. «Nell'ambito delle ricerche di Noemi» scrive il pm - i carabinieri hanno trovato Lucio a Lucugnano, una frazione di Tricase. «Il ragazzo veniva trovato in lacrime e affermava che era sua intenzione portarsi presso il comando dei carabinieri di Specchia, rappresentando il continuo stato di agitazione in cui viveva dal giorno della scomparsa di Noemi».

Una volta in caserma, Lucio ha parlato di uno «stato di malessere in cui vivevano lui è la sua famiglia» e poi ha ricostruito quel che sarebbe successo. Nel decreto di fermo non si fa però cenno né al fatto che fosse stata Noemi a chiedere di uccidere i suoi genitori né che sia stata la ragazza a portare il coltello con cui poi sarebbe stato compiuto l'omicidio. Una volta prelevata Noemi da casa, dunque, i due sono passati per Alessano, poi sono andati a Novaglie e poi hanno percorso la litoranea fino a Santa Maria di Leuca. Da qui, scrive il pm, Lucio «dichiarava di essersi immesso lungo uno strada che lo conduceva verso il centro abitato di Castrignano del Capo ma prima di arrivarvi, svoltava a sinistra lungo una strada sterrata.



Qui dichiarava di essersi parcheggiato e, con la scusa che si sarebbero fumati una sigaretta, scendeva dall'auto insieme a Noemi con la quale si addentrava in un uliveto dove poi, approfittando di un momento propizio», l'avrebbe uccisa. Nel decreto si afferma che Lucio ha confessato di aver ucciso Noemi «colpendola con un coltello al collo» e, dopo averla spinta a terra, di aver continuato «a colpirla con delle pietre alla testa». Infine, si legge ancora, «si allontanava dal luogo dei fatti repentinamente con la propria autovettura disfacendosi del manico del coltello avvolto nella propria maglietta in un luogo che non ha saputo indicare».

«Certamente è un momento difficile per lui, è molto segnato, non sta bene e quindi ha bisogno di essere curato.
Noi ci siamo opposti alla convalida del fermo perché non ci sono i presupposti, non c'è il pericolo di fuga. Però la situazione è sicuramente grave e va valutata. Il ragazzo deve essere soprattutto, in questo momento, curato. Bisogna capire anche se al momento del fatto vi era la piena capacità di intendere e di volere». Lo ha detto l'avvocato Luigi Rella, uno dei difensori del 17enne di Montesardo, frazione di Alessano, in provincia di Lecce, che si è accusato dell'omicidio della fidanzata 16enne Noemi Durini, di Specchia, parlando con i giornalisti al termine dell'interrogatorio di garanzia svoltosi alla presenza del gip del Tribunale dei minorenni Addolorata Colluto, alla presenza della pm Anna Carbonara e dei legali. Il giovane, che è accusato di omicidio, aggravato dalla premeditazione, si è avvalso della facoltà di non rispondere «perché aveva già ricostruito i fatti nell'interrogatorio reso l'altra notte davanti al pubblico ministero», ha spiegato Rella.

Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Settembre 2017, 18:42
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