Omicidio Vannini, le telefonate al 118, il bossolo e il movente: le cose che non tornano di quella notte
di Emanuele Rossi
Omicidio Vannini, pena ridotta a Ciontoli da 14 a 5 anni: ira dei familiari del 20enne
«SI È SENTITO MALE»
Alle 23.41 parte la prima chiamata al 118. E' Federico Ciontoli a parlare al telefono: «C'è un ragazzo che si è sentito male, è diventato bianco e non respira più. Si è spaventato». Maria Pezzillo annulla la chiamata: «Il ragazzo si è ripreso, l'ambulanza non serve». Passano altri 24 minuti e Antonio Ciontoli richiama il 118 mentre in sottofondo si sentono le urla strazianti di Marco: «Il ragazzo si è ferito con un pettine a punta, grida perché si è messo paura». Soltanto all'una i carabinieri vengono a conoscenza dell'accaduto. L'ambulanza intanto arriva nella villa di Ladispoli, soccorre il povero Marco Vannini e parte in codice giallo verso il pronto soccorso. Solo a quel punto Ciontoli spiega al medico di turno che il ragazzo è stato ferito con la pistola: «Ma non lo dica a nessuno, rischio di perdere il lavoro». L'eliambulanza tenta un disperato volo verso il policlinico Gemelli ma ormai è troppo tardi. Sono da poco passate le 3, Marco muore durante il trasporto.
I DUBBI
Tanti punti interrogativi, a cominciare dal movente. Antonio Ciontoli entra in bagno per pulire la pistola mentre Marco è nudo sostenendo ai giudici ci fosse «un rapporto intimo» tra di loro. Altro giallo: il bossolo trovato non nel bagno ma nella camera da letto. E poi, chi altro sapeva nella casa che Marco era stato ferito con una pistola? Dopo diverse udienze e un duello acceso tra le parti arriva la perizia della Corte d'assise. «Marco Vannini poteva essere salvato se soccorso tempestivamente».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 30 Gennaio 2019, 15:32
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