Beatrice Belcuore, carabiniera suicida in caserma. Il collega: «Ore in piedi, niente sonno: privazioni e umiliazioni senza senso»

Una lettera all'associazione sindacale dei carabinieri Unarma, sul caso della collega Beatrice Belcuore

Beatrice Belcuore, carabiniera suicida in caserma. Il collega: «Ore in piedi, niente sonno: privazioni e umiliazioni senza senso»

di Redazione web

«Immobilità, carenza di sonno e di svago, privazioni insensate» sono la testimonianza di un allievo della Scuola Marescialli e Brigadieri di Firenze, che preferisce rimanere anonimo per timore di ritorsioni e che ha scritto una lettera all'associazione sindacale dei carabinieri Unarma, sul caso della collega Beatrice Belcuore, 24enne morta suicida sparandosi con la pistola in dotazione nella scuola il 22 aprile scorso.

Beatrice Belcuore, carabiniera suicida a 24 anni. Gli sms alla mamma: «Regole assurde, perdo i capelli. La scuola mi sta rovinando la vita»

L'allievo scrive nel giorno in cui Unarma ha presentato un esposto alla procura di Firenze allegando la lettera dei genitori della 25enne. «L'undicesimo corso della Scuola Marescialli - si legge - è sempre stato denominato un 'corso esperimento': così siamo stati definiti fin dai primi giorni di inquadramento dai nostri superiori». L'allievo racconta le regole e le consuetudini della caserma: nell'attesa del pranzo da consumare in dieci minuti, i militari erano costretti a restare «in piedi implotonati, con il costante controllo da parte dei superiori a non muovere un solo muscolo. Se malauguratamente qualcuno si muoveva o faceva qualcosa di sbagliato, oltre alle urla si veniva messi davanti a tutti i colleghi in stile gogna». Su una scalinata «passavamo le ore al freddo, al sole o sotta la pioggia fermi».

I rimproveri, scrive l'estensore, «rasentavano i limiti dell'umiliazione» anche quando «un bottone della camicia era fuori posto» e dicevano «lei è nudo».

L'anonimo allievo spiega: «Essendo un istituto addestrativo, avevamo messo in conto che la forte disciplina era alla base della quotidianità; pertanto, una parte di noi era preparata in minima parte al rigore che ci sarebbe stato. Col passare del tempo, tuttavia, si aggiunsero sempre più privazioni, che spesso risultavano insensate». Alcuni allievi, nei primi mesi di corso, si legge ancora «assetati dopo lunghe ore di marcia, erano costretti a bere dai rubinetti poiché all'inizio non vi era possibilità di comprare le bottiglie al market e più di qualche collega ha avuto problemi renali».

I contrappelli «duravano dalle due ore alle tre ore in piedi e spesso si faceva attività, molte altre volte si stava fermi sul posto, qualcuno spesso dormiva in piedi». Per l'allievo «molte restrizioni si potevano evitare. Molte volte è stato dato più valore alla forma e non alla sostanza, questa è stata la percezione che ho avuto, ed in più di un'occasione il buon senso che è alla base di qualsiasi cosa è venuto a mancare, forse perché troppo ancorati ad un concetto addestrativo ormai desueto».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 17 Maggio 2024, 09:08
© RIPRODUZIONE RISERVATA