Amazon, la denuncia di un lavoratore: "Orari folli, siamo schiavi di un algoritmo"
Non è la prima volta che le condizioni dei lavoratori di Amazon vengono denunciate, facendo emergere anomalie di ogni tipo dal punto di vista contrattuale e non solo. Il dipendente, parlando all'AdnKronos, ha spiegato: «Dobbiamo fare in fretta, al minimo ritardo ci chiamano e ora, con Amazon Prime, i tempi si restringono ancora. Ogni giorno dobbiamo effettuare circa 150 consegne, spesso finiamo anche due o tre ore più tardi rispetto al turno prefissato, saltando anche la pausa pranzo di mezz'ora. Raggiungere punti opposti di grandi città, nell'ora di punta, è pressoché impossibile». Lo stipendio medio dei corrieri che lavorano per Amazon si aggira intorno ai 1250 euro, da cui però vengono spesso decurtate le multe: «Noi, a differenza di altri corrieri espresso, non abbiamo i permessi per le Zone a traffico limitao o per l'Area C, ma dobbiamo comunque raggiungere quei luoghi, e alla fine paghiamo di tasca nostra. Per non parlare poi del parcheggio o dei 'ripassi': trovare un posto per i furgoni in città è praticamente impossibile, senza contare che a volte dobbiamo tornare agli indirizzi di consegna se i clienti sono irreperibili».
La risposta di Amazon non si è fatta attendere. L'azienda ha puntualizzato così al riguardo: «I corrieri non sono nostri dipendenti, ma ci affidiamo a terze parti che si occupano di questo. Se le consegne non avvengono nei tempi non succede nulla e l'algoritmo di cui si parla è un software di navigazione che indica gli itinerari più veloci per effettuare tutte le consegne. Per quanto riguarda l'Area C a Milano abbiamo un accordo con queste aziende e siamo noi a pagare i permessi, per le Ztl a Roma è previsto che i corrieri effettuino consegne a piedi».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Ottobre 2017, 10:15
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