Giosuè: «Un'atrocità disumana»

«Posso solo dire che non sono stato io». Giosuè Ruotolo, 26 anni, si difende. Risponde attraverso un messaggio su Facebook e lo ribadisce dai i microfoni di Tgcom24. Ventisei anni, appassionato di matematica e computer, una fidanzata che studia Giurisprudenza e il passaggio a ottobre nella Guardia di finanza, il caporal maggiore del 132° Reggimento carri di Cordenons nega coinvolgimenti nel duplice delitto del palasport Crisafulli. «Non c'entro, ma è giusto che indaghino, così verranno eliminati tutti i dubbi». Definisce l'esecuzione dei fidanzati «un'atrocità che un essere umano non può fare».
Il giovane si trova a Somma Vesuviana, suo paese d'origine. È sicuro che riuscirà a dimostrare la sua innocenza e che i carabinieri troveranno il colpevole. «Voglio sapere la verità, spero che lo troveranno - afferma - Innanzitutto si toglieranno i dubbi su di me, io mi trovo in questa situazione e non so perchè». Dubbi che si fondano su riscontri tecnici e un alibi poco convincente. Il giovane - sentito più volte dagli investigatori a sommarie informazioni testimoniali - ha fornito indicazioni sugli orari che non hanno trovato riscontro. Era davvero a casa a giocare alla play station? O tra le 19.40 e le 19.50 la sua auto era nel parcheggio del palasport? Lui è sereno e ribatte: «Chi non ha un alibi deve essere per forza colpevole? Io e Trifone eravamo amici, l'ho portato a spalla al funerale, era un collega mio, ho ritenuto opportuno farlo, era doveroso».
Trifone lo aveva conosciuto in caserma a Cordenons, quando entrambi alloggiavano alla De Carli. Poi assieme ad altri due commilitoni avevano affittato l'appartamento di via Cristoforo Colombo. Teresa Costanza la conosceva di vista. Era andata a trovare Trifone in via Colombo una paio di volte, arrivava direttamente da Milano, poi il 1. maggio dello scorso anno i due fidanzati si erano trasferiti nel condominio di via Chioggia. Ruotolo dice che da allora non li aveva più visti. «Ognuno ha la sua vita - ha dichiarato al Tgm24 - Con lui andavo d'accordo, andavo d'accordo con tutti pure in caserma. Quando ci vedevamo ci salutavamo sempre».
Sui movimenti di Ruotolo la sera del 17 marzo sono stati sentiti anche i suoi coinquilini e le dichiarazioni sono state confrontate con i risultati degli accertamenti tecnici: telecamere e tabulati. L'auto del caporale viene collocata in via Interna, come tante altre la sera del delitto. A insospettire i Carabinieri è stato il tempo impiegato per percorrere il tragitto verso via Colombo, calcolato esaminando le immagini di un'altra telecamera. Il dubbio che il conducente dell'Audi A3 si fosse fermato nel parco ha portato gli investigatori a scandagliare il laghetto. Il ritrovamento dell'arma ha rafforzato i sospetti. La necessità di procedere con accertamenti irripetibili ha costretto la Procura a uscire allo scoperto con un avviso di garanzia, unico modo per consentire al giovane sospettato di nominare un legale e un consulente.
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Ultimo aggiornamento: Domenica 27 Settembre 2015, 05:57