Trump e Netanyahu «Chance per la pace»
Arabia Saudita, Israele, Vaticano. Le traiettorie del viaggio di Donald Trump non hanno precedenti nella storia di un presidente americano.
Così, dopo aver ribadito a Riad che la guerra Usa «sarà al terrore e non all'Islam», ecco l'Air Force One atterrare a Tel Aviv con un altro carico di parole-chiave, nonostante proprio Israele si sia subito allarmato per la mega commessa in armi (110 miliardi di dollari) firmata da Trump per gli emiri: «Abbiamo davanti a noi una rara opportunità per portare sicurezza, stabilità e pace a questa regione e al suo popolo, sconfiggere il terrorismo e creare un futuro di armonia e prosperità. Ma possiamo arrivarci solo lavorando insieme. Non c'è altro modo. Credo in un nuovo sforza per raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi». E il premier Netanyahu: «Per la prima volta nella mia vita, vedo una reale speranza per il cambiamento del mondo arabo verso Israele». Poi Trump passa all'attacco frontale: «L'Iran non avrà mai la bomba nucleare».
Immediata la replica del presidente iraniano Hassan Rohani, nel corso della sua prima conferenza stampa dopo la rielezione: «L'Iran non ha mai tentato di avere armi nucleari, invece è l'America ad armare la mano del terrorismo».
La tensione mediorientale resta alta. Ma, a Gerusalemme, il presidente Usa ha prima visitato la Chiesa del Santo Sepolcro, in omaggio al cristianesimo, e poi ha pregato davanti al Muro del Pianto, in omaggio all'ebraismo. Trump non ha voluto accompagnatori politici vicino a lui, la sua sosta doveva avere solo un significato spirituale di rispetto. La figlia Ivanka del resto è convertita all'ebraismo ed ha twittato: «Ho lasciato un messaggio nel luogo più santo della mia fede».
Alle porte c'è già l'incontro con Papa Francesco e la visita alla Cappella Sistina in una Roma blindata ma chiusa a macchia di leopardo.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Maggio 2017, 05:00