Trump e Netanyahu «Chance per la pace»

Mario Fabbroni
Arabia Saudita, Israele, Vaticano. Le traiettorie del viaggio di Donald Trump non hanno precedenti nella storia di un presidente americano.
Così, dopo aver ribadito a Riad che la guerra Usa «sarà al terrore e non all'Islam», ecco l'Air Force One atterrare a Tel Aviv con un altro carico di parole-chiave, nonostante proprio Israele si sia subito allarmato per la mega commessa in armi (110 miliardi di dollari) firmata da Trump per gli emiri: «Abbiamo davanti a noi una rara opportunità per portare sicurezza, stabilità e pace a questa regione e al suo popolo, sconfiggere il terrorismo e creare un futuro di armonia e prosperità. Ma possiamo arrivarci solo lavorando insieme. Non c'è altro modo. Credo in un nuovo sforza per raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi». E il premier Netanyahu: «Per la prima volta nella mia vita, vedo una reale speranza per il cambiamento del mondo arabo verso Israele». Poi Trump passa all'attacco frontale: «L'Iran non avrà mai la bomba nucleare».
Immediata la replica del presidente iraniano Hassan Rohani, nel corso della sua prima conferenza stampa dopo la rielezione: «L'Iran non ha mai tentato di avere armi nucleari, invece è l'America ad armare la mano del terrorismo».
La tensione mediorientale resta alta. Ma, a Gerusalemme, il presidente Usa ha prima visitato la Chiesa del Santo Sepolcro, in omaggio al cristianesimo, e poi ha pregato davanti al Muro del Pianto, in omaggio all'ebraismo. Trump non ha voluto accompagnatori politici vicino a lui, la sua sosta doveva avere solo un significato spirituale di rispetto. La figlia Ivanka del resto è convertita all'ebraismo ed ha twittato: «Ho lasciato un messaggio nel luogo più santo della mia fede».
Alle porte c'è già l'incontro con Papa Francesco e la visita alla Cappella Sistina in una Roma blindata ma chiusa a macchia di leopardo.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Maggio 2017, 05:00