L'hanno definita la cucina della sussistenza: si sfruttava tutto ciò che si

L'hanno definita la cucina della sussistenza: si sfruttava tutto ciò che si poteva mangiare, comprese le bacche commestibili, i fiori di campo, l'olio di noci, le castagne e il grano saraceno. E' una caratteristica che unisce tutte le tradizioni alimentari di montagna, dalle Alpi all'Appennino. Nelle zone delle minoranze Valdesi del Piemonte, confinate per otto secoli in una sorta di ghetto alpino con collegamenti a Paesi protestanti come Inghilterra e Germania, le preparazioni culinarie sono diverse da ogni altro luogo d'Italia. Sono nati piatti dai nomi un po' misteriosi, come la Supa Barbeta (i barbet erano i predicatori valdesi che dalla Val d'Angrogna si spinsero in tutta Europa per portare la parola di Cristo), la Prustinenga Valdese (le interirora dell'agnello) i bricelets dolci o salati (cialde leggerissime) o le cahiettes della ricetta di questa pagina.Sapori semplici, gustosi, nei quali le erbe officinali hanno un ruolo fondamentale. Con diversi libri, vi si è dedicato lo chef Walter Eynard che qualche anno fa portò il suo Flipot ai vertici della ristorazione nazionale con 2 stelle Michelin. Ora, chiuso quel locale storico a Torre Pellice, ha ripreso la sua cucina nel ristorante dell'Hotel Padri Somaschi di Cherasco (Cn), la città dalle mura stellate ai confini con le Langhe. «C'è un elemento distintivo della cucina valdese spiega Eynard ed è la valenza spirituale che la cultura protestante assegna al rito del cibo: dalle famiglie delle nostre vallate è considerato un dono divino, degno di ogni rispetto». Walter Eynard ha ritrovato anche un quaderno di ricette d'inizio Ottocento scritto dalla moglie di un pastore, Madeleine Muston Jahier, e l'ha tradotto dal francese con il figlio Jean David: in questo Cahier de cuisine, madame Muston presenta piatti con spezie, erbe aromatiche, arance e limoni, carciofi. (G.Pad.)riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Martedì 24 Maggio 2016, 05:00