«Ecco il mio Kubrick privato»


di Oggi nelle sale S is for Stanley di Infascelli. Ritratto intimo di un mito del cinema
Michela GrecoROMA - «Poche settimane dopo l'inizio del lavoro con lui, mi disse di togliermi la cravatta e vestirmi come volevo. Era una persona gentile, semplice, mi chiedeva molte ore di lavoro, ma era un lavoro sempre diverso». Stanley Kubrick, uno dei più grandi miti del cinema mondiale, autore di capolavori come Shining, Arancia meccanica e 2001, Odissea nello spazio, noto per la sua riservatezza e la sua mania del controllo, svela il suo volto più intimo grazie al ritratto che ne fa Emilio D'Alessandro, suo assistente e autista personale per 30 anni, in S is for Stanley, il documentario di Alex Infascelli vincitore del David di Donatello 2016.Presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma e in sala oggi come evento speciale (ma a Roma e Milano resta qualche giorno in più), il film straborda di aneddoti che farebbero la gioia di ogni cinefilo, ma è soprattutto il racconto della straordinaria avventura umana di un italiano con la passione per le auto da corsa che, emigrato in Inghilterra, incontra il più grande maestro del cinema e ne diventa il fratello, l'amico, il socio. «Lo vedevo mentre lavorava, ma non guardavo i suoi film perché non avevo tempo. Solo ora li sto vedendo quasi tutti», ha svelato candidamente D'Alessandro, che ebbe il primo incontro con Kubrick quando, totalmente ignaro, trasportò sul set del suo Arancia meccanica il fallo gigante che sarebbe stato protagonista di una celebre scena. In S is for Stanley D'Alessandro - che ancora oggi nella sua casa di Cassino ha il tappeto dell'Overlook Hotel di Shining - mostra il suo rapporto con un uomo geniale e pignolo, capace di lasciargli bigliettini con istruzioni dettagliatissime per ogni compito che gli affidava, o di chiamarlo a casa dalla moglie anche nei pochi momenti della giornata in cui non era con lui a lavorare.«Stanley Kubrick era un uomo così privato - ha spiegato Infascelli - che la sfida era creare un vuoto che lo rappresentasse. È stata una scelta precisa non aver usato mai le scene dei suoi film, volevo raccontare l'uomo, non il regista, perciò mi sono allacciato a Emilio e fatto guidare da lui». «Mi ci è voluto molto tempo prima di parlare di Kubrick con altri - ha concluso D'Alessandro - Volevo mantenere il riserbo, ma l'importante è che si porti rispetto per Stanley. Altrimenti mi arrabbio io». riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Lunedì 30 Maggio 2016, 05:00