Ventenne trovata morta nella piscina di un hotel di lusso: "Le avevano offerto un drink al bar"

Ventenne trovata morta nella piscina di un hotel di lusso: "Le avevano offerto un drink al bar"

di Federica Macagnone
Un mistero ancora tutto da chiarire. Tante, troppe domande senza risposta e una famiglia del Wisconsin che, a sei mesi di distanza, non ha alcuna certezza sulle circostanze che hanno portato al decesso della figlia, Abbey Conner, 20 anni, ritrovata a faccia in giù nella piscina di un resort di lusso dopo aver accettato uno shot al bar dell'hotel.





La ragazza era in vacanza con la madre, il patrigno e il fratello Austin di 22 anni a Paraiso del Mar, un resort a cinque stelle situato a nord di Playa del Carmen, in Messico. I genitori erano usciti dal villaggio, mentre i ragazzi aveva optato per un pomeriggio in piscina. L'appuntamento era per l'ora di cena nella hall dell'albergo, ma Austin e Abbey non sono mai arrivati a quell'incontro. Quel pomeriggio, dopo la piscina, si erano avvicinati al bar dove avevano bevuto alcuni shot di tequila. Poi si erano uniti a un gruppo di uomini che avevano offerto loro uno “Jägerbomb”, uno shot a base di Jägermeister mescolato con birra o Red Bull. Da quel momento il buio.
 
 


Austin e Abbey sono stati ripescati dalla piscina a faccia in giù. Il ragazzo, che aveva perso coscienza, si è risvegliato in ambulanza, ma per la sorella la situazione era tragica: mentre le effettuavano il massaggio cardiaco a bordo piscina è iniziata a uscirle schiuma dalla bocca. Quando i genitori sono tornati in albergo sono stati avvisati e si sono precipitati immediatamente all'Hospiten Riviera Maya, dove i medici hanno confermato che Austin, che aveva una strana macchia rossa a forma di pallina da golf sulla fronte, se la sarebbe cavata, ma Abbey era in condizioni disperate: era attaccata a un ventilatore polmonare, aveva avuto un edema cerebrale e l'ossigeno non era arrivato al cervello per troppo tempo. I medici l'hanno trasferita a Cancun e la famiglia ha chiesto di poterla spostare negli Stati Uniti, al Broward Health Medical Center di Fort Lauderdale. Tuttavia anche lì la diagnosi non ha lasciato alcuna speranza. La ragazza era morta cerebralmente e il 12 gennaio le macchine che la tenevano in vita sono state spente. I suoi organi sono stati donati, regalando una seconda chance a diverse persone.





Da allora sono passati sei mesi e la famiglia non sa cosa sia accaduto quel pomeriggio in piscina. «So cosa voglia dire bere - ha detto Austin - Una cosa del genere non mi era capitata. Sapere che siamo stati vittime di chissà quale gioco e pensare che siamo stati drogati è surreale, ma è una delle possibilità più concrete». È della stessa opinione il padre dei ragazzi, fermamente convinto che i figli siano stati drogati. Adesso i genitori chiedono solo la verità alla luce dei «poco convincenti risultati portati a casa dalla polizia, che ha sempre insistito si sia trattato di un annegamento» sostiene Florentino Ramirez, legale della famiglia. Una battaglia che va avanti da gennaio e che ha avuto i primi scarni risultati il 30 maggio, quando è arrivata la relazione del procuratore che, dice Ramirez, ha lasciato non poche domande.

«È troppo conveniente - ha detto l'avvocato - Se fosse stato un incidente, dove erano tutti? Perché non sono intervenuti? Non ha senso. Forse i ragazzi sono stati drogati, forse c'è stata una lotta e Austin è stato colpito alla testa. Nel rapporto della polizia non c'è traccia di testimonianze degli ospiti dell'hotel, non c'è riferimento ai dettagli medici, non si dice come mai nessuno sia andato immediatamente in soccorso dei ragazzi. Ci batteremo per la verità e per dare una risposta certa a tutte le domande che sono rimaste ancora aperte». 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Luglio 2017, 20:40
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