Maria, stuprata e uccisa da un profugo a 19 anni: maxi-indagine, oltre 1400 testimoni

Maria, stuprata e uccisa da un profugo a 19 anni: maxi-indagine, oltre 1400 testimoni
Era entrato in Germania da richiedente asilo, senza documenti e dichiarando di avere 17 anni per ottenere lo status di minore rifugiato. Hussein Khavari, in realtà, ha 22 anni ed un lungo passato criminale sottovalutato dalle polizie di tutta Europa; il giovane afghano è accusato di avere stuprato e ucciso, per poi occultare il corpo in un fiume, la 19enne Maria Ladenburger, studentessa e figlia di un alto funzionario dell'Ue.



La ragazza, impegnata anche nel volontariato per i migranti, avrebbe conosciuto il suo stupratore e assassino proprio in un centro d'accoglienza; la notte tra il 15 e il 16 ottobre dello scorso anno, mentre tornava in bicicletta verso la sua casa a Friburgo (Brisgovia), era stata aggredita, violentata e annegata. Il corpo era stato ritrovato poche ore dopo nel fiume Dreisan: i segni di violenza erano evidenti e le successive analisi confermarono lo stupro.
L'efferatezza del delitto e la risonanza mediatica dovuta al ruolo del padre di Maria fecero scattare subito una maxi-indagine, che nel corso dei mesi ha coinvolto oltre 1400 testimoni. Per incastrare Khavari è stata utilizzata la prova del dna: tracce biologiche erano state rinvenute sulla sciarpa di Maria, ritrovata in prossimità della riva del fiume, e confrontate con uno strano capello chiaro, in realtà scuro ma decolorato, trovato nel vaso di una pianta. Si tratta proprio di quello di Khavari, che all'epoca utilizzava meches.



Durante il processo a suo carico, Khavari ha ammesso le sue responsabilità: «Da quando ho visto quant'era carina ho desiderato fare sesso con lei».
Intanto, però, le indagini a suo carico hanno svelato particolari inquietanti: nato e cresciuto in Afghanistan, a 13 anni si trasferì in Iraq, da dove fuggì per problemi con la giustizia per poi riparare in Turchia e in Grecia; nel paese ellenico, a Corfù, rapinò e gettò da una scogliera, sopravvissuta ma con lesioni permanenti, una studentessa. Una amnistia del governo greco, tuttavia, gli permise di uscire dal carcere e di violare l'obbligo di firma fuggendo in Germania. Qui si dichiarò minore ma nessuno seguì le norme di legge per l'esame della struttura ossea, obbligatorio per tutti i richiedenti asilo che, sprovvisti di regolari documenti, affermano di avere meno di 18 anni. In Germania fu ospite di alcuni centri d'accoglienza ma si dedicò esclusivamente a vivere di espedienti e abusare di droghe e alcol.

Tutta una serie di gravi mancanze, quindi, che ha scatenato diverse polemiche sia sull'accoglienza dei migranti, sia sul coordinamento delle polizie europee. La Germania ha accusato la Grecia di non aver reso noto della fuga di Khavari, impedendo all'Interpol di emanare un decreto di cattura internazionale, ma il governo greco ha replicato così: «Le impronte e i dati dell'uomo erano presenti nel sistema europeo Eurodac sin dal suo arrivo in Grecia nel 2013». E mentre la politica si scontrava sul tema dei migranti e dei richiedenti asilo, la famiglia di Maria, dopo la sua morte, decise di fare una donazione ad un'associazione che si occupa dell'accoglienza: un segnale importante, estremamente significativo e pieno di dignità.
Ultimo aggiornamento: Martedì 12 Settembre 2017, 18:33
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