Un attacco chirurgico, di primo pomeriggio, nel cuore di Damasco. E una firma che dalla Siria all’Iran nessuno ha il dubbio essere una sola: quella di Israele.
La palazzina sventrata si trova di fianco all’ambasciata di Teheran. L’intelligence ha agito di fino: ha atteso che l’ambasciatore iraniano lasciasse la residenza per lanciare il raid mirato. Secondo l’Iran, Israele ha usato jet F-35, che hanno sganciato sei missili sull’obiettivo. Ed il colpo messo a segno è grossissimo: tra le vittime, il cui numero non è ancora chiaro (si parla di otto morti sotto le macerie, tutti militari iraniani) c’è anche Mohammad Reza Zahedi, 80 anni, comandante delle Guardie della Rivoluzione: guidava 4mila pasdaran iraniani impegnati in Siria a sostenere l'esercito di Bashar al Assad, agiva come collegamento tra l'Iran ed Hezbollah e tra Teheran e i servizi di intelligence siriani: forse l’omicidio più importante dopo quello del generale Suleimani, ucciso da un drone americano in Iraq nel 2020. Nell’attacco su Damasco sono rimasti illesi Hossein Akbari, l’ambasciatore dell'Iran a Damasco, e la sua famiglia. Ed è stato l’ambasciatore a scagliare l’anatema contro Israele: «La risposta di Teheran sarà dura».
La notizia del raid in Siria è arrivata in una Gerusalemme distratta dalla grande manifestazione di piazza che sta cingendo d’assedio la Knesset, il Parlamento israeliano.
Sul campo intanto l’esercito israeliano si è ritirato dall’ospedale al-Shifa, a Gaza City, teatro dal 18 marzo di “operazioni mirate”. I soldati si sono lasciati dietro un edificio semidistrutto e decine e decine di cadaveri, secondo Hamas. Oltre ai corpi in decomposizione di terroristi che Israele dice di aver liquidato in scontri a fuoco ravvicinato, anche quelli di 21 pazienti, secondo l’Oms morti di stenti nei loro letti durante l’assedio.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 2 Aprile 2024, 06:00
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