Lidia Bastianich: "L'Italia con cinque prodotti ha cucinato l'America"

Lidia Bastianich: "L'Italia con cinque prodotti ha cucinato l'America"

di Gigi Padovani
È l’ambasciatrice della cucina italiana negli Stati Uniti: Lidia Bastianich, che da profuga istriana aprì il suo primo ristorante a New York nel 1971, è ora alla guida di un impero gastronomico, con una ventina di ristoranti, prodotti gourmet, libri, aziende vinicole in Italia delle quali si occupa principalmente il figlio Joe, il giudice di MasterChef. La sua trasmissione «Lidia’s Italy» negli States è popolarissima. È venuta a Torino per ricevere un prestigioso premio internazionale, lo StellaRe2017, assegnato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo alle donne che “hanno tracciato un nuovo sentiero”.

Signora Lidia, come va la cucina italiana negli Usa?

«Dopo tanti anni di predominanza della cucina francese, adesso è davvero la numero uno».

Come è successo?

«Perché è una cucina vera, se fatta come si deve: nutre in modo sano, ma con gusto, basata su prodotti tradizionali. Non c’è soltanto la tecnica, come per i francesi».

Il suo ruolo è stato fondamentale…

«Me lo hanno detto in molti, non me ne sono resa conto ma penso davvero di aver dato un buon contributo»

Quando aprì i suoi primi ristoranti era diverso?

«Negli anni ‘70 dovevo fare il risotto con il riso lungo… ma poi è arrivato il Carnaroli e tanti altri prodotti veri».

Quali sono le specialità che hanno vinto, negli States?

«Le posso citare cinque prodotti: i due prosciutti crudi, quello di San Daniele e il Parma, il Grana e il Parmigiano Reggiano, l’Aceto Balsamico, l’olio d’oliva di tutte le regioni e ora anche la mozzarella di bufala».

C’è il rischio dell’”italian sounding, di una cucina italiana fac-simile?

«Hanno aperto molti ristoranti “pseudo” italiani. Però ci sono bravi chef americani che usano veri prodotti italiani e nel menù hanno piatti che si ispirano alla nostra cucina. Non è quella tradizionale regionale, ma tutto si evolve».

Le hanno dato un premio come donna: ma in cucina gli chef-star sono tutti maschi…

«Per noi donne è più difficile, gli uomini si sono presi la “professione” di chef. In realtà le donne cucinano da sempre con più calore e passione, si sa però che nei ristoranti gli orari e la fatica sono pesanti. Dico sempre alle ragazze che vogliono fare questo mestiere: pensatevi come professioniste, non come donne».

L’hanno premiata in una Fondazione d’arte. C’è arte nella cucina?

«Assolutamente sì. Ne abbiamo parlato all’Oxford Symposium on Food & Cookery, in cui poeti, filosofi, antropologi e storici discutono di alimentazione. L’arte dà bellezza alla vita, giusto? Il cibo invece è una necessità per vivere. Ma quando è anche piacere visivo, emozione, bellezza, allora la cucina diventa arte, perché trascende dal suo compito di farci sopravvivere…». 
Ultimo aggiornamento: Martedì 10 Ottobre 2017, 23:40
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