Francesca Vecchioni, un libro contro l'omofobia:
"Dobbiamo costruire ponti, non barriere"

Francesca Vecchioni, un libro contro l'omofobia: ​"Dobbiamo costruire ponti, non barriere"

di Paola Pastorini
«Bisogna costruite ponti non alzare steccati». Parola di Francesca Vecchioni, figlia del grande cantautore Roberto, 40 anni, mamma di due bimbe di 3, separata dalla compagna Alessandra.





Una vita normale con qualcosa in più da raccontare; qualcosa diventato “Ti innamorerai senza pensare” (frase della canzone “Figlia” che il padre le ha dedicato quando è nata), biografia uscita qualche mese fa per Mondadori Electa, che la scrittrice non si stanca di presentare. L'infanzia, figlia di genitori separati, l'omosessualità, il coming out, l'amore, la decisione di diventare genitori, la gravidanza e la separazione. Un libro sincero e aperto, in cui Francesca narra il percorso verso la consapevolezza, la scelta di vivere ciò che si è.



Il coming out è snodo fondamentale nel suo libro.

«Il coming out sull'omosessualità è molto difficile, anche per un genitore: nessuno ti prepara al fatto che tuo figlio possa essere gay, non te lo dice l'ecografia. Molti ammettono che è anche liberatorio, come diventare genitori due volte. Ci vuole vicinanza e pazienza. I genitori come primo gesto dovrebbero riuscire a non parlare, bisognerebbe solo abbracciarsi».



Altro capitolo interessante è la decisione di fare figli con la sua compagna e la descrizione della preparazione del “nido”.

«Preparare il nido è importante anche per una coppia etero, è un sistema sicuro, libero e protetto per i tuoi figli. Una famiglia forte agevola perché i problemi per una coppia gay con figli sono esterni. Ma in realtà le reazioni negative evaporano in una specie di “contagio positivo”, come lo chiamo io, non appena la gente ti conosce. Chi ha un pregiudizio sull'omosessualità lo supera solo con l'empatia emotiva: i tuoi vicini di ombrellone, rigidi, quando scoprono che le tue figlie giocano con paletta e secchiello, si sciolgono».



E poi la separazione.

«Percorso identico alle coppie etero, con in più il problema che l'altro in una coppia omosessuale non esiste. Per le nostre figlie Alessandra è la mamma, per il resto della società no. In Italia c'è ancora un forte pregiudizio verso la genitorialità di coppie composte da persone dello stesso sesso. Il problema è la forma che poi è sostanza: il fatto che uno Stato non riconosca i diritti e i doveri di un ruolo genitoriale. Senza contare che annullare un legame affettivo è praticamente impossibile. Non si può dire a un bambino “la tua non è una famiglia”. O dire ad altri bambini “guarda che la famiglia di quel bimbo non è una vera famiglia”. Mi chiedo, chi sei tu per giudicare?».



Lei è stata molto attaccata.

«Sul web sono stata bersaglio di cattiveria senza limiti. La cattiveria è sempre un modo per dire “io sono meglio di te”. Mi chiedo: ma perché dire che io sono una famiglia toglierebbe qualcosa a un'altra famiglia? Non capisco».



Lei è sia professionista della comunicazione sia scrittrice. Quale ruolo preferisce?

«Sono due binari diversi. Con Diversity vogliamo fare da connettore fra ricerca scientifica e divulgazione pop. Attorno alla omosessualità esiste un mondo di erronee credenze da scardinare. Dichiarazioni assurde come “il figlio di un omosessuale diventa omosessuale”. Questo va confutato, “spremendo” la ricerca fino a farla diventare una “pillola” di conoscenza trasmessa in modo pop. Come scrittrice amo il contatto con le persone, mi accorgo quanto ricevo quando penso di dare. Si scopre che siamo tutti diversi ma tutti uguali, che alla fine le paure sono identiche».



Com'è l'Italia sui diritti per gli omosessuali?

«Siamo dopo gli ultimi».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Novembre 2015, 08:08
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