Genitori vegani ossessionati e folli,
Venezia applaude Saverio Costanzo

Genitori vegani ossessionati e folli, Venezia applaude Saverio Costanzo

di Ilaria Ravarino
VENEZIA - Ancora applausi, ed record di gradimento, per il cinema italiano a Venezia. Stavolta toccato a Saverio Costanzo, in concorso al festival oggi con Hungry Hearts, accolto con favore alle prime proiezioni per la stampa. Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso, il film racconta la crudele discesa negli inferi di una coppia italo-americana incapace di gestire l'arrivo del primo figlio: lei (Alba Rohrwacher) ossessionata dal veganesimo, lui (Adam Driver) incapace di arginare la crescente follia della compagna, in un crescendo drammatico che punta dritto al clamoroso colpo di scena finale. "Non è un film contro nessuno - ha detto il regista anticipando la reazione delle associazioni vegane - Tutti siamo ossessionati da diete e cibo, forse perché sentiamo che il mondo fuori è tossico. Spesso però chi fa scelte radicali diventa intollerabilmente radicale, e l'ideologia ha ucciso milioni di persone. Bisogna amare se stessi e riconoscere che ci sono anche gli altri e che non tutti la pensano allo stesso modo. Ma non voglio fare sociologia spicciola. Io mangio di tutto, amo anche il Big Mac".



E ancora l'Italia è tornata protagonista nel pomeriggio, con il film-bomba Belluscone girato da Franco Maresco e presentato nella sezione Orizzonti, seguito con partecipazione dalla stampa internazionale per il suo topic strettamente politico: il rapporto tra Silvio Berlusconi e la Sicilia raccontato attraverso la vita di un impresario palermitano nostalgico della mafia di un tempo, Ciccio Mira.



Sul versante internazionale è invece un piccolo film, Villa Touma di Suha Arraf, a far parlare di sè al Lido (e non solo). Finanziato da Israele ma presentato a Venezia come prodotto palestinese, il film è diventato un caso ben oltre le potenzialità della stessa storia, grottesco spaccato della vita quotidiana di tre sorelle dell'alta borghesia di Ramallah. Accusata dal governo israeliano di frode, e ostinatamente decisa a difendere la natura palestinese del suo film, Arraf rischia in patria un processo ed è da due mesi oggetto di minacce e aggressioni personali: "Sono diventata un obiettivo politico - ha detto - ma non mi lascio spaventare. Israele ha finanziato il mio film con i soldi di un fondo per il quale pago anche io. Con le tasse".






Ultimo aggiornamento: Domenica 31 Agosto 2014, 19:41
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