Cerlino: "Sarò ancora Don Pietro Savastano,
c'è solo un modo di combattere le mafie"

Cerlino: "Sarò ancora Don Pietro Savastano, ​c'è solo un modo di combattere le mafie"

di Ilaria Ravarino
GIFFONI (SA) - Don Pietro Savastano, al secolo Fortunato Cerlino, dal vivo è tutta un'altra storia. Perché smessi i panni del boss della camorra di Gomorra - La Serie, ruolo che l'ha consacrato nell'olimpo dei cattivi più amati della tv, Cerlino non potrebbe essere più lontano dal proprio personaggio: un uomo di cultura, prima che un attore, schierato dalla parte della legalità.





«La mafia è un fungo che cresce sulla muffa - ha detto ai giurati del festival di Giffoni - che si combatte con la scuola e la cultura». Prestato alla tv dal teatro, e presto nella seconda stagione di Gomorra, l'attore sarebbe pronto a spiccare il salto al cinema. Americano.



Gomorra 2: può dirci qualcosa?

«Solo che considero una grande fortuna tornare a far parte di un gruppo che è diventato, per me, una piccola famiglia».



È pronto a nuove polemiche sulla spettacolarizzazione della camorra?

«Prontissimo: ascolto sempre le critiche. Molti purtroppo hanno criticato Gomorra tanto per farlo, per attaccarsi al carro. In generale: se entro in un bar, chiedo una sfogliatella e mi danno un babbà, io mi arrabbio. Ma se parlo di Gomorra... devo raccontare quel che ha scritto Saviano».



Lei è di Napoli. Le polemiche la feriscono?

«Sono orgoglioso di essere napoletano e se parlano male di Napoli la difendo sempre. Ma quando accade qualcosa di male bisogna denunciarlo, come si denuncia un padre violento».



È difficile convivere con un personaggio come Savastano?

«Sì. Come attore lavoro molto sul personaggio. Spesso tornavo dal set portandomi addosso l'umore e il respiro di Savastano. Il portiere di casa si pigliava una paura...».



Sarà anche in Hannibal, la serie americana. In che ruolo?

«Non posso dire molto. Sono l'uomo che da vent'anni tenta senza successo di catturare Hannibal, un personaggio a suo modo romantico e per il quale mi sono preparato rileggendo Delitto e Castigo di Dostoevskij».



È anche in Inferno, di Ron Howard?

«Sì. Ora non voglio passare per immodesto. Lo so che tanti attori fanno due battute in un film americano e poi si rivendono benissimo l'esperienza, però... io all'inizio non lo volevo fare. È stato Howard a insistere: mi voleva conoscere. Sono andato sul set e chissà che da questo incontro non nasca altro».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Luglio 2015, 07:58
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