La luce come arte, al Macro
di Testaccio arriva Luminaria

La luce come arte, al Macro di Testaccio arriva Luminaria

di Stefania Cigarini
Interagire con la luce, ma sarebbe meglio dire, giocare con la luce; anche se in questo caso è proposta come una forma d'arte, simbolo e reale al contempo.





Luminaria è il titolo della sesta edizione di Roma Digitalife, la rassegna dedicata alle connessioni tra le nuove tecnologie e i linguaggi artistici contemporanei, prodotta come sezione high tech della rassegna (teatrale e molto altro) RomaEuropa Festival. Più facile da vivere - perché lo spettatore è previsto come parte in causa delle singole opere d'arte - che da spiegare, Luminaria è dedicata al tema della luce e raggruppa, negli spazi della Pelanda-museo Macro a Testaccio, undici opere ad essa dedicate.



Molte di esse arrivano dal Quèbec - per un gemellaggio con Elektra festival d'arte digitale di Montréal - come gli esoscheletri autonomi di Bill Vorn e Philippe Demers che, o il soffio dei passanti sul microfono del proprio cellulare che genera la tormenta di Jean Dubois. C'è la sorprendente simulazione dell'effetto visivo del montaggio cinematografico jump cut di Maxime Damecour o le proiezioni luminose di Joanie Lemercier in Fuji.



Un paio di opere arrivano dall'Italia: sono i Masbedo con il film The Lack sulla condizione della donna contemporanea; l'altra è di Pietro Pirelli, con i suoi Idrofoni o lampade sensibili, fonti luminose che interagiscono con la limpidezza dell'acqua reagendo alla parola. Lo spettatore potrà alterare il processo di illuminazione delle tre gabbie in cui è invitato a entrare nell'opera di Alexandra Dementieva Breathless. Non facilissime da descrivere, ma molto interessanti da vivere, le opere interattive non saranno le sole ad attrarre. Fino al 5 dicembre sono previsti otto concerti che spazieranno dalla new wave a Stokhausen, con contaminazioni in forma di performance (piazza O. Giustiniani, infoline romaeuropa.net).
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 14 Ottobre 2015, 08:19
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