Scoperto dove si nasconde il virus HIV
nelle cellule: verso la cura contro l'Aids?

Scoperto dove si nasconde il virus Hiv nelle cellule: da una ricerca italiana la svolta per la lotta all'Aids?

di Antonio Caperna
TRIESTE - La lotta all’HIV segna un altro punto in favore dei ricercatori. Il virus, infatti, fa perdere le tracce, una volta entrato nella cellula e le terapie, pur essendo molto efficaci, riescono solo a rallentare l’evoluzione della malattia, ma non a eliminarla. Per la prima volta però un gruppo di ricerca dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) di Trieste in collaborazione con il Dipartimento di Medicina dell’Università di Trieste, l’Università di Modena e il Genethon di Parigi è riuscito a scoprire come il virus scelga soltanto alcuni dei 20 mila geni umani per integrarsi e, soprattutto, come riesca all’interno di questi geni a nascondersi ai farmaci.





Lo studio è pubblicato su Nature. Fotografando la struttura del nucleo delle cellule infettate dal virus, si è scoperto che l’HIV integra il proprio Dna vicino al guscio esterno che delimita il nucleo, in corrispondenza alle strutture del poro nucleare da cui il virus stesso ha avuto accesso all'interno. «È come quando entriamo in una sala cinematografica al buio - commenta Mauro Giacca, che ha diretto la ricerca - i posti più comodi magari sono quelli più lontani, ma quelli più facili da raggiungere sono vicini alla porta d'ingresso, ed è lì che ci sediamo. Inserendosi nei geni vicino alla porta d'ingresso, ecco che la probabilità che il virus si nasconda ai farmaci diventa più alta. Questo è il motivo per cui oggi riusciamo a rallentare la progressione verso l’Aids, ma non riusciamo a eliminare l’infezione».



Lo studio è dunque particolarmente rilevante, perché rappresenta un importante passo verso lo sviluppo di nuovi farmaci, che possano portare a una cura. La ricerca però si allarga anche a un altro virus che è presente nel 30% dei pazienti con HIV. Si tratta dell’HCV e quindi dell’epatite C. Un cocktail di 3 molecole (ombitasvir, paritaprevir, dasabuvir), associate a ribavirina, è efficace in oltre il 90% dei casi nel giro di qualche settimana, secondo lo studio Turquoise-I, presentato al Congresso CROI di Seattle. «Un dato eccezionale per una terapia ben tollerata e semplice da gestire per i pazienti», spiega il prof. Massimo Andreoni, presidente SIMIT.





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Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Marzo 2015, 09:55
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