Esposito, Doria e vicesindaco dimessi.
Marino resiste: "Lasci entro le 16 o sfiducia"

Esposito e il vicesindaco si dimettono. Marino vuol resistere
ROMA - È rimasto solo, anche nel suo stesso partito. La maggioranza Pd non è più pronta a difendere Ignazio Marino e anche Matteo Orfini lo ha scaricato. Ci sarebbe stata anche un vertice dai toni tesi tra il premier Renzi e il presidente dem, accusato di aver voluto sostenere a tutti i costi il sindaco di Roma. Marino si ritrova sull'orlo del baratro, l'unico passo possibile, e forse imminente, è quello indietro: l'ipotesi dimissioni nella stessa giornata di oggi è molto accreditata al nazareno. Alle 13 si riunirà la Giunta in Campidoglio, ed è accreditata l'ipotesi delle dimissioni in blocco degli assessori.





DIMISSIONI IN BLOCCO DEGLI ASSESSORI La voce delle dimissioni degli assessori del Pd della Giunta del Comune di Roma, guidata dal sindaco Ignazio Marino circola con insistenza al Campidoglio dopo l'annuncio della parlamentare del Movimento 5 Stelle, Carla Ruocco. Ai giornalisti che le chiedevano di possibili dimissioni degli assessori ha replicato: «Sì, a quanto pare sì». A smentirla, l'assessore capitolino ai Trasporti Stefano Esposito: «non si sono dimessi, aspettiamo che il sindaco faccia la sua valutazione poi faremo la nostra».

In queste ore si stanno facendo sempre più insistenti le voci di dimissioni del sindaco, al centro da ultimo di mille polemiche legate alle sue spese di rappresentanza. In questi minuti dovrebbe iniziare una riunione della Giunta capitolina.



DIMESSI ESPOSITO E VICESINDACO L'assessore ai Trasporti Stefano Esposito e il vicesindaco Marco Causi hanno annunciato le loro dimissioni nella giunta in corso sul caso Marino. Il primo cittadino, secondo quanto si apprende, vorrebbe invece 'resistere'. Anche per l'assessore alla Scuola, Marco Rossi Doria, «non ci sono le condizioni politiche per andare avanti» con Marino annunciando che rimetterà il mandato.







Marino: "Rinuncio alla carta di credito e regalo a Roma 20mila euro" di Franco Pasqualetti

Una giornata iniziata presto. Alle 6.45 per la precisione. Ignazio Marino ha incontrato di buon’ora il commissario del Pd romano Matteo Orfini: un vertice segreto per parlare del caso spese del Campidoglio.

Il chirurgo dem, travolto dalle polemiche per i conti della carta di credito del Campidoglio (aperta un’inchiesta della Procura per valutare eventuali abusi), si è messo nelle mani per presidente del partito: «Cosa devo fare? Dimettermi», avrebbe detto. La risposta è stata laconica: «Al momento no, valutiamo la situazione». L’ordine di scuderia, però, era massimo silenzio fino alla telefonata con Renzi. E così è stato: Marino si è chiuso nella sua stanza e non ha aperto bocca. Fuori, però, impazzavano le polemiche: da Grillo a Salvini era un coro unanime che invitava il primo cittadino a dimettersi.







Nel tardo pomeriggio Orfini, con l’abilità di un prestigiatore, ha tirato fuori il cilindro dal cappello: ha invitato Marino a pagare le spese e a riconsegnare la carta di credito del Comune. «In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell'interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome. Ho già dato mandato alla Ragioneria di calcolare al centesimo le spese di rappresentanza pagate con la carta di credito e domattina (oggi, ndr) staccherò l'assegno per l'intera cifra».



Nella cifra sono compresi, ha precisato il sindaco «quei 3.540 euro investiti nella cena con il mecenate Usmanov, arrivata alla fine di una serie di incontri che hanno portato nelle casse del Campidoglio due milioni di euro: è grazie a quelle risorse che stiamo restaurando, tra l'altro, la fontana del Quirinale. La mia decisione mette un punto, e adesso basta polemiche. Dato che alcuni hanno deciso di investire la Procura di questa vicenda, saranno i magistrati a ristabilire la verità». E i magistrati sono già in azione: nell’occhio del ciclone ci sarebbero 6 strisciate cui il Campidoglio non riesce a dare un giustificativo plausibile.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 8 Ottobre 2015, 19:48
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