Rifiuti, il sistema di pressioni di Cerroni
«Ricatti ai politici». Accuse a Marrazzo
Il ras minacciava chiusura Malagrotta

Rifiuti, il sistema di pressioni di Cerroni «Ricatti ai politici». Accuse a Marrazzo Il ras minacciava chiusura Malagrotta

di Sara Menafra
Sono accuse pesanti quelle contro l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Non solo per aver firmato l’autorizzazione per il termovalorizzatore di Albano, firma che gli è costata l’accusa di falso e abuso d’ufficio con una valutazione molto specifica nella sua scheda allegata all’ordinanza: «Ne faceva egli stesso parte avendo rivestito un ruolo di primaria importanza per il raggiungimento dei fini illeciti». Ma anche perché ascoltato dai pm ha negato ogni rapporto con l’imprenditore: «Non ho mai pranzato né cenato con Cerroni». L’informativa dei carabinieri del Noe, del marzo 2010, racconta una storia diversa. Prima di tutto, perché i carabinieri avevano ipotizzato addirittura il reato di estorsione per il Ras delle discariche Manlio Cerroni ai danni del governatore e del sindaco Alemanno. La minaccia era quella di impedire gli smaltimenti. Interrompendo il «conferimento notturno» alla discarica di Malagrotta e chiedendo il pagamento immediato di 130 milioni di euro. Pressioni a cui Marrazzo avrebbe in parte ceduto firmando l’ordinanza. Ma più di ogni altra cosa Cerroni chiede che a gestire il capitolo rifiuti in Regione siano uomini di sua fiducia, a cominciare da Mario Di Carlo. La campagna comincia a giugno 2008, contro il parere negativo per il rigassificatore di Albano. Per far saltare questa decisione, il gruppo dell’imprenditore organizza una campagna contro l’assessore all’ambiente Filiberto Zaratti e contro il vice prefetto Stefano La Porta, uomo di stretta fiducia di Marrazzo. Contro quest’ultimo sarà organizzata una vera e propria campagna stampa, con la collaborazione di un giornalista della sede romana del Corriere della Sera.



«Noi stiamo alla provincia» Arcangelo Spagnoli, uomo di Cerroni alla struttura commissariale ai rifiuti (deceduto, è l’unico a cui la Gdf abbia trovato versamenti all’estero per 3 milioni di euro) ne parla lungamente a telefono, nell’aprile 2008, con il direttore dell’Arpa Fabio Ermolli: «Eh adesso niente, Alemanno farà la giunta…noi stiamo alla provincia (allora guidata da Nicola Zingaretti, ndr) e qua al nazionale c’è Berlusconi. Bisogna inventarsi altri giochi di squadra, i punti di riferimento sono saltati».



«Noi siamo a pranzo» Il problema è appunto la Regione, dove Cerroni vuole poter contare su Di Carlo. Il 22 giugno, incontra Giovanni Hermanin, allora presidente dell’Ama e poi chiama Di Carlo: «Ho parlato con Giovanni e si è messo in moto, attraverso gli amici suoi». Il 27 giugno 2008 Cerroni ottiene un pranzo riservato con Marrazzo. Lo incontra a Villa Piccolomini, sede di rappresentanza della Regione. Praticamente in diretta chiama Di Carlo: «Io sono qui in giro, sto andando alla colazione con Marrazzo, a Villa Piccolomini». L’accordo sembra fatto e invece ad agosto ancora nulla, la vera nomina non arriverà mai, tanto che l’imprenditore chiama il presidente del consiglio regionale Guido Milana: «Mi aveva detto che gli dava quest’incarico, senno che cazzo sta a fare questo?». Le minacce si fanno sentire anche su Alemanno. Nel dicembre 2008, l’imprenditore chiama un consigliere regionale: «Ad Alemanno gli dici: guarda sta volta questo vi leva la pelle».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Gennaio 2014, 17:22
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