Il prefetto blinda i campi rom di fronte
alla rabbia dei residenti

Il prefetto blinda i campi rom di fronte ​alla rabbia dei residenti

di Lorena Loiacono
Quel terribile schianto su via Battistini, oggi, fa ancora più paura. Da un lato c'è la città che chiede sicurezza e dall'altro c'è un allarme concreto per i rischi che corrono i campi rom, presi di mira da una valanga di minacce sui social network.





E le forze dell'ordine devono viaggiare su questi due percorsi paralleli. In prefettura si sta studiando un piano ad hoc per gestire al meglio l'allarme divenuto ormai sociale: il rischio di ritorsioni verso gli accampamenti è altissimo. «Quel che è accaduto a Boccea - ha dichiarato il prefetto di Roma, Franco Gabrielli – è un fatto di una gravità estrema, ma vorrei che queste cose non diventassero motivo per atteggiamenti che non servono a nessuno. Mi dispiacerebbe che un episodio gravissimo, che peraltro non è un'esclusiva di una determinata etnia, provocasse un'esasperazione e portasse a gesti che non servirebbero a nessuno. Anche perché capita in un momento difficile per la nostra città dove esistono insofferenze, peraltro anche a volte legittime come ad esempio nel caso di roghi tossici».



Un appello alla calma, da parte del prefetto, che arriva insieme all'innalzamento delle misure di sicurezza intorno ai campi rom. Le pattuglie della polizia, da mercoledì notte, stanno monitorando la situazione per evitare che le minacce e gli attacchi all'etnia rom, divampati nella notte sui social network, si trasformino in raid ad alto pericolo per tutti.

Il rischio è che possa partire una sorta di caccia all'uomo, non solo per stanare i colpevoli ma anche per scatenare attacchi violenti all'intera comunità rom. Intanto aumentano i controlli anche all'interno dei campi, per bonificare le aree più a rischio, così come nelle decine di accampamenti abusivi diffusi in tutta Roma. Sul posto nei prossimi giorni, agenti di polizia e vigili urbani. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ringraziando gli agenti per il lavoro svolto, invoca «pene esemplari per i responsabili».



E dal territorio arrivano le amare considerazioni: «Con certezza e amarezza – ha ammesso Valentino Mancinelli, Pd, presidente XIII Municipio - possiamo affermare che la politica di integrazione non si fa con quel sistema di accoglienza, i campi rom

sono un sistema assolutamente superato. Se una realtà genera simili mostri, quella realtà va chiusa e subito». Sulla questione è intervenuto anche il direttore della Caritas diocesana di Roma, Enrico Feroci: «È facile dire cacciamoli tutti, mandiamoli via. A Roma abbiamo 7-8 mila rom su 3 milioni di persone: non è un'invasione. La domanda invece è: quali politiche sono state fatte in questi decenni? Nella Capitale i rom sono abbandonati, sono lasciati dentro un campo senza regole e in mano alle loro mafie».



Ma il dibattito ha infiammato anche il Campidoglio dove l'opposizione, ieri in Aula, è partita alla carica. «Chiedo che il sindaco venga in Aula – ha dichiarato il capogruppo della Lista Marchini, Alessandro Onorato - a spiegare cosa stia facendo per garantire la tutela dei cittadini. Oggi le persone oneste non sono tutelate da nessuno». E ancora: «In questa Aula non si sta comprendendo la gravità di quello che sta accadendo in città – tuona il consigliere di Forza Italia, Dario Rossin – ho chiesto di sciogliere il Consiglio perché penso che davanti all'Italia, a Roma, sia giusto farlo ma la maggioranza ha bocciato la mia proposta. Una vergogna: la città e tutti noi dobbiamo stringerci intorno alla persona deceduta». Ieri alle 18.30 è partita una fiaccolata di cordoglio per il quartiere di via Battistini. Un quartiere ancora sotto choc.



LA RABBIA DI CHI VIVE NEI PRESSI DEI CAMPI

Un risveglio di rabbia. «Oggi i rom non si vedono, hanno paura a girare». Le voci di Roma, ieri mattina, erano così: piene di ira e dolore dopo quella tragica carambola omicida che ha scosso tutta la città. «Stamattina non se n'è visto uno – assicurano fuori dal Gran bar di via dei Monti di Primavalle – meglio che restano nascosti, lo sanno che qui la gente è esasperata». La stessa gente che, mercoledì sera è scesa in strada per prestare soccorso, terrorizzati da quel boato.

«Non hanno avuto rispetto di niente – racconta Antonella – non si sono fermati neanche di fronte alla morte, davanti a tanti testimoni. È chiaro che non hanno paura di nessuno». Non si parla d'altro, a Boccea, c'è chi ha ancora gli occhi lucidi e non vuole rilasciare commenti e chi, invece, ha bisogno di sfogarsi: «adesso basta – commenta Pietro, 64 anni, davanti all'edicola tra via Battistini e via Monti di Primavalle – di furti ne sono stati fatti tanti. Ma una cosa del genere non si era mai vista. Devono andarsene da qui». E i commenti sono unanimi. Da Tor Sapienza a via della Magliana, un filo rosso lega le periferie romane giunte ormai all'esasperazione.

«Non prendeteci per razzisti – ripetono all'edicola di piazza De Cupis, su via Collatina – non vogliamo dire che i rom sono tutti delinquenti ma vorremmo vivere sereni. Quella morte assurda poteva accadere a chiunque». E divampa l'allarme sicurezza, per tutte le criticità di una città fuori controllo.

A cominciare da Tor Sapienza dove la scintilla è già divampata da tempo: «Gli abitanti del campo di via Salviati – racconta Tommaso Ippoliti, presidente del Comitato cittadino di Tor Sapienza - continuano a bruciare oggetti, nessuno dice loro nulla e noi dobbiamo respirare i fumi, è davvero pericoloso, specie per la salute dei nostri bambini». Non vanno meglio le cose in via della Magliana: «C’è poco da dire – ammette Tonino, 74 anni, da via Pian Due Torri – forse il Comune aspetta che ci facciamo giustizia da soli?». Poco più in là, sotto le rive di Ponte Marconi, la situazione è insostenibile: «Mi ricordo firme raccolte da vent'anni contro gli accampamenti abusivi – racconta Tiziano, 44 anni – il politico di turno promette e poi non cambia niente. Anzi, è sempre peggio».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 29 Maggio 2015, 09:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA