Trattativa stato-mafia, Napolitano depone:
"Ricatti dai boss per destabilizzare il sistema"

Trattativa stato-mafia, Napolitano depone: "Ricatti dai boss per destabilizzare il sistema"
«Sono convinto che la tragedia di via D'Amelio rappresentò un colpo di acceleratore decisivo per la conversione del decreto legge 8 giugno '92 sul carcere duro».



Lo ha detto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Al pubblico ministero Nino Di Matteo che gli chiedeva se ci fosse stato un dibattito politico sulla conversione del dl che introduceva il 41bis per i mafiosi, il capo dello Stato ha risposto: «non credo che nessuno, allora, pensò che in una situazione così drammatica si potesse lasciare decadere il decreto alla scadenza dei 60 giorni, per poi rinnovarlo». «Ci fu la convinzione - ha aggiunto Napolitano - che si dovesse assolutamente dare questo segno all'avversario, al nemico mafioso».



Per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le stragi mafiose del '93 «si susseguirono secondo una logica unica e incalzante per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut aut, perchè potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure di custodia in carcere dei mafiosi».



RICATTI Con le bombe del '93 ci fu un ricatto della mafia? «Ricatto o addirittura pressione a scopo destabilizzante di tutto il sistema». Così Napolitano rispondendo al pm Di Matteo. L'aut-aut poteva «avere per sbocco la destabilizzazione politico-istituzionale del paese». «Probabilmente presumendo che ci fossero reazioni di sbandamento delle Autorità dello Stato».



L'ATTENTATO Il capo dello Stato Giorgio Napolitano accolse «con assoluta imperturbabilità» la notizia, riferitagli nel '93 dal capo della Polizia, di un allarme attentato ai suoi danni. «Non mi scomposi minimamente, anche perchè ho sempre considerato che servire il Paese significa anche mettere a rischio ipotesi di sacrificio della propria vita e guai a farsi condizionare da reazioni di timore o di allarme personali». Napolitano ha riferito di non avere avuto notizia del rischio dai Servizi segreti, con cui non aveva alcuna interlocuzione, ma dal capo della Polizia. «Mi informò - ha detto - che c'era questa notizia, che i Servizi la consideravano una cosa da prendere con molta cautela, ma non palesemente incredibile». Il capo della Polizia, Vincenzo Parisi, ha aggiunto Napolitano, «mi disse che il carattere di consistenza della fonte confidenziale dei Servizi era tale che non mi chiedeva di annullare il viaggio a Parigi». In quell'occasione Napolitano, in vacanza nella capitale francese, fu però accompagnato dagli agenti speciali del Nocs. «Al ritorno da Parigi - ha concluso - non fui sottoposto a nessuna ulteriore e speciale misura di protezione. Poi si è letto che ad un certo momento, per vari motivi, quei progetti erano svaniti».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 31 Ottobre 2014, 19:15