Renzi: "Riforme o si va al voto,
i 1000 giorni ultima chance per l'Italia"

Renzi: "Riforme o si va al voto, ​i 1000 giorni ultima chance per l'Italia"

di Alessandra Severini
ROMA - Stretto fra i dati negativi sui conti e i malumori sulle riforme, Matteo Renzi alle Camere lancia l’ultimatum. O si fanno le riforme o si va al voto. Il premier prova a giocare l’arma delle urne voto per vincere le resistenze alle riforme che sembrano bloccate.





In particolare, Renzi ha intenzione di portare a casa entro il 30 ottobre il jobs act, non intende perdere tempo fra le proteste dei sindacati e le critiche della minoranza Pd e avverte che se in Parlamento si andrà per le lunghe il governo è pronto a procedere per decreto. «Se saremo nelle condizioni di avere tempi certi e serrati per la riforma del lavoro, rispetteremo il lavoro del Parlamento altrimenti siamo pronti a intervenire con provvedimenti d’urgenza, perché non possiamo perdere un secondo di più».





Per rendere più chiaro il messaggio ribadisce che il programma dei «mille giorni è l’ultima chance di recupero» e fa seguire il passaggio sulle elezioni: «L’obiettivo del governo è la scadenza del 2018 ma non temiamo il confronto». Se l’accelerazione sul jobs act piace agli alleati di Ncd, provoca molti malumori nel Pd. «È evidente l’adesione di Renzi all’agenda europea della destra e della Merkel» dice uno dei dem più critici come Stefano Fassina. Le critiche si moltiplicano e non basta a fermarle la segreteria plurale varata dal premier-segretario.



L’altra priorità indicata da Renzi è la legge elettorale «da approvare subito», senza il timore di andare allo scontro. Renzi è in trincea e attacca banche, sindacati e coloro che pongono ostacoli sulle riforme annunciate. Duro anche con la magistratura a cui, riferito al caso Eni, manda a dire: «Non consentiamo a un avviso di garanzia di cambiare la politica aziendale di questo Paese». Più tardi avrà parole di fuoco anche per i sindacati di polizia: «Mai proteste illegali».



Ora però c’è bisogno di superare lo scoglio della legge di stabilità. Il ministro del Tesoro Padoan ha ammesso che nel 2014 l’Italia non conoscerà ripresa e questo renderà «molto difficile» mettere a punto la manovra finanziaria che comunque «non aumenterà le tasse» ma agirà sulla spesa pubblica. Anche Confindustria ha confermato che il 2014 si chiuderà con un Pil a -0,4% e per il 2015 servono 15,9 miliardi solo per confermare gli impegni già presi.

Intanto però i lavori in Parlamento rimangono bloccati. Anche l’ennesima votazione per eleggere i due membri della Consulta si è chiusa con una fumata nera. Bocciati a sorpresa i candidati sostenuti dall’accordo Pd-Forza Italia Luciano Violante e Donato Bruno.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Settembre 2014, 11:08
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