Scuola, l'Ue boccia l'Italia: tra gli ultimi
in Europa per efficacia dell'insegnamento

Scuola, Italia bocciata: pochi laureati. Peggio di noi solo la Grecia

di Lorena Loiacono
ROMA - Bocciata senza appello. La scuola italiana è l'ultima della classe o, meglio, d'Europa per insegnamento e numero di laureati. Non solo, si conferma fanalino di coda anche per l'utilizzo delle tecnologie e la possibilità di impiego dopo il titolo di studio.





L'istruzione italiana spicca solo per abbandoni e scolastici e le scarse competenze matematiche e linguistiche. Praticamente un disastro. E la pagella arriva direttamente da Bruxelles con il rapporto «Education and Training Monitor 2014» pubblicato dall'Unione europea. Per capire la situazione della scuola italiana, prima di tutto va detto che l'Italia è il paese Ue che stanzia meno risorse all'educazione dalle elementari all'università: appena il 4% del Pil a fronte di una media europea del 5,3%. E 1,3 punti percentuali non sono pochi: si piazzano al di sotto, in tutta Europa, solo la Romania con il 3%, la Bulgaria con il 3,5% e Slovacchia con il 3,8%. E le conseguenze ci sono. Nel 38% dei casi i docenti non sono sufficientemente preparati, il numero dei laureati è il più basso d'Europa: il 22,4% di dottori contro una media Ue del 38%.



Una percentuale da brivido se paragonata ai livelli di Irlanda e Lussemburgo dove svetta addirittura al 51%. E chi ottiene la laurea non riesce a sfruttarla in ambito lavorativo: trova un impiego in tempi brevi solo il 49% dei neolaureati contro una media Ue del 71%, peggio dell'Italia solo la Grecia. Altra nota dolente è la dispersione scolastica: il 17% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi senza aver conseguito un titolo e tra le cause maggiori ci sarebbero «le basse competenze alfabetiche e numeriche» delle famiglie in almeno il 30% dei casi contro una media europea del 19%. «Quel rapporto – denuncia Domenico pantaleo della Flc Cgil - comunica al Governo Renzi che non è più tempo degli spot pubblicitari sulla buona scuola ma serve investire seriamente risorse aggiuntive e non fare il gioco delle tre carte. La riduzione delle risorse per il diritto allo studio, l'aumento delle tasse universitarie, il blocco del reclutamento, la assenza di servizi a favore degli studenti, la mancanza di prospettive di lavoro per chi si laurea e il dilagare della precarietà determinano un'università per pochi e non aperta a tutti». E oggi la scuola, così come università e ricerca, saranno in piazza in tutta Italia per lo sciopero sociale.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 14 Novembre 2014, 08:17
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