Dall'agenda rossa alle indagini a rilento, tutti
i segreti mai svelati sulla morte di Borsellino

Dall'agenda rossa alle indagini a rilento, tutti i segreti mai svelati sulla morte di Borsellino

di Mario Fabbroni
Disintegrato dal tritolo della mafia insieme all’agenda rossa, dove c’erano i segreti che facevano paura alla Cupola.



Il giudice Paolo Borsellino fu ucciso in via D’Amelio, a Palermo, proprio il giorno prima della deposizione da rendere in Procura. I magistrati lo attendevano, solo che Borsellino non è mai riuscito a svelare gli scottanti risvolti delle sue indagini. I boss gli hanno tappato la bocca giusto in tempo. E, soprattutto, hanno distrutto per sempre l’agenda rossa, da cui l’integerrimo giudice anti-mafia non si separava mai. Il retroscena è stato svelato dal figlio Manfredi, che ha deposto al quarto processo per l'eccidio costato la vita al padre e agli agenti di scorta.



«Dopo la strage di Capaci, mio padre usava l'agenda rossa in modo compulsivo. Scriveva costantemente. E si trattava sicuramente di appunti di lavoro e dell'attività frenetica di quei giorni». Era l'estate del 1992.



Oggi Manfredi Borsellino si dice convinto che se l'agenda rossa fosse stata trovata, le indagini sulla morte del padre avrebbero avuto una piega diversa: «Mio padre - ha spiegato - dopo la morte di Falcone era consapevole che sarebbe toccato a lui e di essere costantemente in pericolo. Aveva l'esigenza di lasciare tracce scritte. Non poteva metterci in pericolo rivelandoci delle cose». Non solo. «Dopo Capaci - conclude - mio padre aveva fretta di essere sentito dai colleghi di Caltanissetta che indagavano sull'eccidio e non si spiegava perchè non lo convocassero».
Ultimo aggiornamento: Martedì 20 Ottobre 2015, 15:50
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