Migranti, Italia in pressing sull’Europa:
domani a Bruxelles vertice sui rimpatri

Migranti, Italia in pressing sull’Europa: ​domani a Bruxelles vertice sui rimpatri

di Cristiana Mangani
Il nuovo incontro è previsto per domani mattina a Bruxelles. L’Italia tornerà alla carica nel tentativo di strappare un accordo concreto sull’immigrazione agli altri stati dell’Unione europea. Il nodo che più interessa è il rimpatrio, una delle questioni considerate tra le più urgenti perché ci viene contestato di chiudere troppo spesso un occhio sugli extracomunitari che fanno perdere le loro tracce.



Proprio a questo serviranno, infatti, gli “hotspot” gestiti dall’Ue sul territorio italiano, vicino ai porti di arrivo in Sicilia, Puglia e Calabria. Proprio perché l’obiettivo di Bruxelles è che tutti i migranti vengano tenuti in custodia fino al termine della procedura di identificazione, presa delle impronte digitali e fotosegnalamento, così da impedire a quelli definiti migranti economici di dirigersi verso il nord Italia e disperdersi per l’Europa. Secondo dati della Commissione, solo il 39 per cento degli stranieri con ordine di espulsione lascia effettivamente l’Ue. Da qui la necessità di operare nella massima collaborazione con i paesi d’origine e di transito per avviare accordi e reali azioni di sviluppo.



I RAPPORTI TRA STATI

L’esecutivo sta cercando di stringere accordi di polizia con Costa d’Avorio, Senegal, Ghana e Bangladesh. Qualcosa è già stato fatto con il Gambia, mentre si sono detti non disponibili il Mali e il Sudan. Per ora vengono effettuati periodicamente voli charter con la Nigeria, la Tunisia e l’Egitto (22 per l’Egitto, 2 per la Nigeria, 16 per la Tunisia ma anche 1 per Albania, 1 per Albania-Georgia e 2 per la Giorgia, per un totale di 44 voli charter al 20 giugno 2015). La Direzione centrale dell’immigrazione sta cercando di concentrare gli sforzi proprio in questo ambito, tanto che si sono visti buoni risultati con la Turchia e la Tunisia, da dove le partenze sono quasi completamente terminate.



«Ad oggi - spiega al mensile Polizia moderna, Vittorio Pisani, direttore del Servizio immigrazione - coloro che arrivano dalla Nigeria, dal Senegal, dal Gambia o dalla Costa d’Avorio appena sbarcati a terra dovremmo respingerli perché clandestini. Però presentando la domanda di protezione internazionale di fatto bloccano qualsiasi procedura di espulsione al fine di permanere sul territorio fino a che la Commissione nazionale non esprime la sua decisione, verso cui lo straniero può comunque fare ricorso al giudice ordinario. La situazione si complica quando la richiesta di asilo o protezione internazionale viene rigettata perché il migrante in realtà non proviene da un paese dove c’è una guerra o una persecuzione. In questo caso diventa un clandestino a tutti gli effetti, ma poiché per rimandarlo in patria è necessario un documento di viaggio, una carta di identità, che in genere non hanno, non è possibile rimpatriarlo.



Quindi c’è la necessità di un accordo con le rappresentanze diplomatiche dei Paesi a cui appartiene affinché rilascino un cosiddetto “lasciapassare”. Nei casi in cui lo straniero non appartenga a un paese con cui sono stati stipulati accordi di riammissione o rimpatrio agevolato non è possibile rimandarlo a casa perché privo di lasciapassare e quindi continua a rimanere clandestinamente sul territorio».



IL PIANO

Il Governo italiano si presenta, dunque, all’Ue con le sue richieste, che sono quelle di avere dall’Europa la garanzia di almeno due voli charter alla settimana per riportare a casa gli stranieri. E a differenza di quanto avviene oggi, con i rimpatri effettuati singolarmente su voli di linea, con due poliziotti ad accompagnare ogni migrante irregolare, nel nuovo sistema i costi dovrebbero essere quasi interamente a carico di Bruxelles. Per questa ragione verranno realizzati gli “hotspot”, per controllare i flussi, e diventerebbero dei Cie europei, dove gli immigrati verrebbero tenuti in attesa di essere rimpatriati o di essere ritenuti idonei alla richiesta d’asilo. In queste strutture (ad esempio ex caserme, con la possibilità di ospitare circa 300 migranti) dovrebbero lavorare anche una quarantina di funzionari dell’Easo (l’Agenzia europea di supporto all’asilo) per partecipare alle operazioni di identificazione e schedatura tramite impronte digitali.



L’Italia spera ancora di arrivare a una soluzione, dopo aver fissato in 25 mila il numero delle persone che dovrebbero essere trasferite dal nostro Paese in altri Stati e in 250 milioni di euro il contributo europeo destinato a Roma per fare fronte all’emergenza, partendo dalle stime secondo cui nel 2014 la gestione dei migranti è costata all’Italia 630 milioni di euro e quest’anno si supereranno gli 800 milioni di euro.
Ultimo aggiornamento: Domenica 19 Luglio 2015, 18:19