Emilio è un bimbo cardiopatico, rischia di morire
nelle Filippine e non riesce a tornare in Italia

Emilio è un bimbo cardiopatico, rischia di morire nelle Filippine e non riesce a tornare in Italia

di Bianca Francavilla
ROMA - Un bambino cardiopatico che rischia di morire, ma che è intrappolato nelle Filippine e non riesce a tornare in Italia. A spiegare il delicato caso di Emilio Maffia è papà Renato, italiano di 51 anni, che sta facendo di tutto perché gli venga riconosciuta anche in Italia la paternità del bambino.

Solo quando l’Italia gli rilascerà questo documento il bambino potrà avere il passaporto, volare fino all’ospedale di Roma Bambin Gesù ed essere gratuitamente sottoposto a tutte le cure di cui ha bisogno.



L’intervento effettuato nelle Filippine, dove vive con la mamma Analiza in una “casa” fatiscente, è infatti stato possibile solo grazie all’interessamento al caso del programma tv Le Iene che sono riuscite a racimolare 24mila euro più la somma necessaria al papà e ad un medico di Milano di alloggiare nel Paese nel mese di ricovero di Emilio.



Purtroppo, però, l’intervento effettuato non è bastato perché Emilio possa davvero dirsi fuori pericolo di vita. Sono infatti necessarie costanti cure e medicine che la famiglia di Renato non può permettersi. Tra l’altro, il bambino potrebbe avere una ricaduta da un momento all’altro e potrebbe essere necessario un nuovo intervento.



Come potrebbe – in quel caso – papà Renato pagare l’ingente somma di denaro necessaria per operarlo nelle Filippine? “Se succedesse qualcosa del genere non potrei mai perdonarmelo – spiega -. L’unica “assicurazione” per Emilio sarebbe avere un passaporto italiano che gli permetta di poter prendere un aereo ed entrare in Italia in qualunque momento”. Purtroppo, però, per un vizio di forma in Italia non viene trascritto il certificato di paternità di Renato.



L’inghippo – probabilmente – sta nel fatto che la sua compagna era già sposata nelle Filippine con un uomo di cui non ci sarebbero più tracce da 12 anni ma che per la legge che non prevede divorzio resta il marito.



Qualora l’uomo volesse denunciarla per adulterio – dunque - lei finirebbe in galera, come prevede il regime vigente. Il paradosso sta nel fatto che il bambino ha il cognome di Renato e che nelle Filippine hanno rilasciato il certificato di paternità a Renato.



E’ solo l’Ambasciata Italiana a mettere i bastoni tra le ruote alla famiglia di Renato non trascrivendolo e non spiegando il perché. “La paternità – conclude Renato – è un diritto universale. Non posso essere padre nelle Filippine sì e in Italia no. Mi appello al cuore di tutte le istituzioni perché sblocchino questo iter burocratico e facciano conoscere a mio figlio l’Italia, quel paese meraviglioso dove gli ospedali garantiscono le cure gratuitamente”.

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 21 Ottobre 2015, 11:51
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