Gli imprenditori si ribellano al pizzo della mafia:
in 36 denunciano. E fanno arrestare 22 boss

Gli imprenditori si ribellano al pizzo e denunciano: 22 boss arrestati
ROMA - Una rivolta inaspettata, proprio a ”casa” del boss dei boss. Crolla il muro di omertà a Bagheria, la cittadina “patria” di Bernardo Provenzano ma anche di intellettuali, artisti e scrittori come Guttuso, Tornatore, Dacia Maraini, Ignazio Buttitta.



Due anni fa, quando fu commissariato, Bagheria era anche il comune più indebitato d’Italia: ora ci sono un sindaco cinquestelle e 36 tra negozianti ed imprenditori coraggiosi, che hanno deciso di raccontare ogni dettaglio a proposito di estorsioni andate avanti per decenni, cominciate addirittura con la lira (tre milioni al mese) e traghettate nell’epoca dell’euro.



Ventidue le persone finite in manette (associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, sequestro di persona e danneggiamento a seguito di incendio) durante il blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia. Un’operazione che gli investigatori non esitano a definire «storica».



Negozi di mobili e di abbigliamento, attività all’ingrosso di frutta e di pesce, bar, sale giochi, centri scommesse: niente sfuggiva alle tariffe del racket. Che l’anno scorso aveva preso di mira anche il cimitero: decine di bare accatastate, altre bruciate per punire il titolare di una pompa funebre.



Una cinquantina le estorsioni documentate dalle confessioni dei 36 siciliani che si sono finalmente ribellati al pizzo. Tra questi rientra la drammatica vicenda di un imprenditore edile che racconta di aver iniziato a mettersi «a posto» già negli anni '90 e di non essere più riuscito a non pagare, vedendosi addirittura costretto per 10 anni a versare 3 milioni di lire al mese alla famiglia del reggente del mandamento mentre era in carcere, oltre a dover pagare al sodalizio significative percentuali dell'importo degli appalti aggiudicati. «Da lì l'inizio di un'odissea che ha ridotto sul lastrico la vittima costringendola a cessare l'attività e a vendere anche la propria abitazione per far fronte alle perduranti richieste estorsive», rivelano gli investigatori.



Le risultanze di indagine hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e, non di meno, nelle attività d'intercettazione. Alcune conversazioni, infatti, dimostrano ancora una volta come «la riscossione del pizzo fosse un imprescindibile strumento per il mantenimento delle famiglie dei carcerati».



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Gli imprenditori si ribellano al pizzo e denunciano: 22 boss arrestati Posted by Leggo - Il sito ufficiale on Lunedì 2 novembre 2015




Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Novembre 2015, 08:34