Isis, i jihadisti pentiti bevono per dimenticare:
"Ho visto bruciare vivi 128 uomini"
Sulla tv tunisina Abu aveva la faccia oscurata, ma l’hanno riconosciuto lo stesso. "Pagato", dicono, per raccontare che la guerra santa non è come la raccontano, che lui non ce l’ha fatta più ed è tornato.
"Ho visto bruciare vivi 128 uomini - ha ricordato -. Musulmani come me. Non ho capito perché dovessero morire. Li sogno tutte le notti. E l’unico modo per non pensarci è bere".
REDUCI E sono molti come lui ad essere tornati dall’inferno. In Tunisia la legge vieta il rimpatrio, in Algeria stanno pensando a una sorta di reintegrazione. "Esiste il problema dei rientri", ammette l’ex ministro dell’Interno tunisino, Lotfi Ben Jedou, in un'intervista riportata sul Corriere della Sera.
La Tunisia è il più grande esportatore mondiale di jihadisti in rapporto alla popolazione. In tutto tremila, meno complessivamente ma tanti in percentuale. Familiari che si svegliano al mattino e trovano biglietti di chi ha scelto di andare a combattere, uomini che si fanno esplodere e volontari che compiono orrori in nome della Jihad. Poi alcuni di loro si pentono e vorrebbero chiudere. "All’inizio, l’Isis mi ha fatto stare nelle sue guest house con internet, la tv, tutti i comfort - ha spiegato ai giudici Mohamed Saadouni, un marocchino -. Poi ho capito che non ero lì per combattere Assad: il mio nemico era l’Esercito di liberazione siriano. Avevo lasciato soli i miei figli per uccidere altri arabi! L’errore più grande della mia vita".
La sua situazione è uguale a quella di almeno 200 tunisini detenuti in Siria.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 23 Febbraio 2015, 12:33
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