Sarebbe bastata una tac per salvare la vita a Elena Cella. Ne sono convinti i familiari della bambina, morta ad appena 3 anni e mezzo l'11 gennaio 2023, dopo tre ricoveri negli ospedali di Napoli. Assistiti dall'avvocato Enrico Ricciuti, i genitori e i nonni della piccola si sono opposti alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Napoli, puntando su diversi aspetti.
La tesi dei familiari
Innanzitutto, è la tesi portata avanti dai consulenti della famiglia, la bimba fu sottoposta in ritardo ad una tac che, se effettuata subito, avrebbe rivelato la vera causa del suo malore e di quel mal di pancia, legato ad un volvolo - una torsione dell'intestino operabile - che causò un infarto intestinale. E ancora, sull'errata diagnosi di diabete infantile, che determinò il trasferimento della bambina dal Santobono al vecchio policlinico Vanvitelli in un reparto specialistico dove, però, non c'era la Rianimazione e si verificò il primo di tre arresti cardiaci.
Un calvario lungo due giorni
Il calvario della piccola Elena durò due giorni, durante i quali la bambina fu ricoverata tre volte e, in meno di 40 ore, accusò tre arresti cardiaci, fino al decesso.
I consulenti dei pm: «Non si sarebbe salvata»
Secondo i consulenti della Procura, la diagnosi fu sbagliata, ma la piccola non si sarebbe salvata comunque. Di parere opposto i consulenti della famiglia, che hanno nominato come consulente il chirurgo Mario Lima, Direttore della Scuola di Specializzazione di Chirurgia Pediatrica del Policlinico Sant'Orsola di Bologna. Ora i familiari hanno chiesto ulteriori approfondimenti poiché «solo nel 6% dei casi si muore per infarto addominale, bastava eseguire una tac ed operare la bambina». Martedì è fissata l'udienza camerale dinanzi al gup del tribunale di Napoli per discutere della vicenda.
Ultimo aggiornamento: Sabato 20 Aprile 2024, 20:26
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