Sciopero del sesso per convincere i mariti che rifiutano di divorziare: la protesta delle donne ebree ortodosse

La tecnica è quella di non effettuare il bagno rituale dopo le mestruazioni in modo da impedire i rapporti

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di Morgana Sgariglia

Sembra di stare nella commedia greca “Lisistrata” di Aristofane, in cui le ateniesi si astenevano dal dormire con i loro mariti per porre fine alla guerra del Peloponneso, ma questa è realtà. Malky Berkowitz, una ragazza 29enne della comunità chassidica del villaggio di Kiryas Joel nello stato di New York, sta tentando di divorziare dal marito Volvy da più di quattro anni, ma lui si rifiuta di concederle il get, il divorzio ebraico. Malky è così diventata una agunah, che significa "donna incatenata". L'attivista Adina Sash, che ha raccontato la sua storia ai giornali e sui social (più di 72mila follower su Instagram), ha indetto uno sciopero del sesso per liberare tutte le agunot ("donne incatenate").

Cos'è la mikvah

Secondo la legge ebraica (Halacha), i rapporti coniugali non possono verificarsi mentre una donna ha il ciclo mestruale.

Una volta terminato, deve immergersi in una mikvah (bagno rituale) per purificarsi e poter fare nuovamente sesso con suo marito. Le donne in sciopero prevedono di non effettuare il bagno rituale dopo le mestruazioni.

Lo scopo è esercitare pressione sociale sui mariti che rifiutano di fornire il divorzio alle loro mogli impedendogli di risposarsi. «La notte mikvah è cancellata - scrive Sash su Instagram - Trattenere un get va bene, ma trattenere i rapporti no? Gli uomini non possono passare una notte senza intimità, ma le agunos possono aspettare per anni?»

Le reazioni

Il rabbino ortodosso americano Hershel Schachter è intervenuto sulla vicenda affermando che pochi scioperi di questo tipo sono riusciti ad ottenere qualcosa. Nel frattempo, la protagonista di questa storia, ha deciso di non commentare l'azione di protesta.

Dopo che giovedì pomeriggio Sash ha annunciato formalmente l'appello allo sciopero sui social media, molti dei suoi follower hanno reagito con approvazione. I critici, però, hanno affermato che potrebbe interferire con lo “shalom bayit”, la pace in casa, un valore ebraico.

Le possibili conseguenze

Sulla questione si è espressa Daphne Lazar Price, direttrice esecutiva dell'Alleanza Femminista Ebraica Ortodossa, che ha detto in una e-mail alla Jewish Telegraphic Agency: «Il controllo coercitivo basato sulla religione è moralmente sbagliato e non dovrebbe mai essere tollerato». L'attivista ha aggiunto che non dovrebbe essere necessaria la minaccia delle donne di negare il sesso ai loro mariti per attirare l’attenzione, né per convincere gli uomini a comportarsi come alleati nei confronti delle donne e del sistema halachico.

«Anche usare il sesso come forma di coercizione è altamente problematico», prosegue Lazar Price. La direttrice ha suggerito, tuttavia, che lo sciopero potrebbe creare un’opportunità per le autorità legali ebraiche di ricordare le altre tattiche che hanno a loro disposizione per fare pressione sugli uomini che rifiutano di divorziare dalle loro mogli. In particolare, il divieto d'ingresso dei mariti recalcitranti in ogni comunità religiosa ed ebraica, istituzioni comunali, nonché case private, finché non emetteranno un get.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Maggio 2024, 14:10
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